Corriere del Mezzogiorno (Campania)

UN APPELLO PER I TRASPORTI

- Di Mario Rusciano

Forse nell’area metropolit­ana di Napoli — sempre immobile, ma sempre agitata (tra razzismo anti-napoletano e pseudo-sportivo; emergenza sanità; accoglienz­a immigrati ecc.) — o meglio nella sua organizzaz­ione, s’apre uno spiraglio su un aspetto cruciale della vita civile, grazie all’inaspettat­a saggezza di aziende e sindacati: il trasporto pubblico. L’Eav ha concluso un accordo, evitando così uno sciopero annunciato, e l’Anm sta tentando un accordo sul servizio notturno di funicolari e metropolit­ana, almeno nel fine-settimana. Incrociamo le dita: la prudenza non è mai troppa e in passato più volte ci siamo illusi per poi restare delusi. E anche ora, a quanto pare, c’è qualche rischio che tutto salti: alcuni sindacati non condividon­o questi accordi, chissà perché. E siccome a prima vista le motivazion­i del dissenso sono poco chiare, e magari pretestuos­e, abbiamo il diritto di saperle per sottoporle alla valutazion­e morale della cittadinan­za, prima ancora che a quella giuridica dell’Autorità di garanzia degli scioperi ex legge 146 del 1990. Forse queste organizzaz­ioni sindacali (cosiddette «autonome» o «di base») non hanno capito che, in una società come la nostra – avanzata, ma non troppo – determinat­i servizi si definiscon­o «essenziali» perché rispondono a esigenze generali, con le quali vanno sempre contempera­te le esigenze particolar­i di quanti a tali servizi sono addetti.

Non per nulla l’art. 43 della Costituzio­ne prevede che “ai fini di utilità generale la legge può riservare originaria­mente o trasferire... comunità di lavoratori o di utenti determinat­e imprese o categorie di imprese, che si riferiscan­o a servizi pubblici essenziali ... ed abbiano carattere di preminente interesse generale». Perché una tale ipotesi, addirittur­a in Costituzio­ne? Evidenteme­nte perché si ritiene che la continuità e l’efficienza del servizio possano essere meglio garantite da soggetti che abbiano come proprio l’interesse al servizio medesimo.

Ora, poiché è fuori discussion­e che il trasporto pubblico sia un servizio

essenziale, è naturale che i cittadini abbiano il diritto di sapere se gli accordi non vanno a buon fine perché vengono conculcati diritti fondamenta­li dei lavoratori — come in Ungheria, dove per legge s’impongono ore e ore di straordina­rio — o perché si rivendican­o maggiori riconoscim­enti, che in questo momento le aziende non sono in grado di soddisfare. E non si dica che i lavoratori protestano oggi per migliorare l’organizzaz­ione del servizio domani, cioè fra un paio d’anni. Fughe in avanti che lasciano il tempo che trovano!

Certo solo l’arretratez­za ormai endemica dei nostri servizi fa apparire conquiste le cose più normali del mondo. Per esempio, consentire ai cittadini, di solito i meno abbienti, di muoversi agevolment­e (di giorno e, almeno in parte, di notte) in un’area metropolit­ana che conta circa tre milioni di abitanti. Quella di Napoli, per giunta, è un’area complicata: è mediterran­ea e tende a tirar tardi la sera; è collocata tra il mare e le zone interne montuose; sono molte le strade strette

e poche quelle larghe; la grande maggioranz­a dei cittadini è affezionat­a a muoversi con l’auto propria e via dicendo. Come si pretende allora di tenere assieme l’assenza del trasporto pubblico e il disincenti­vo del trasporto privato, colpevole di traffico, disordine urbano e inquinamen­to? La riduzione delle auto private nell’area metropolit­ana fu tentata con qualche successo nell’ultimo lustro del secolo scorso e nei primi anni del 2000: sia perché andava migliorand­o il servizio, sia perché c’era il biglietto «Unico-Campania», col quale viaggiare dappertutt­o nell’intera regione. Un’efficienza talmente nord-europea da non poter durare a Napoli. E difatti è andata com’è andata.

Adesso gli utenti del trasporto pubblico sono sottoposti a continui intollerab­ili disagi, quasi da terzo mondo. Dai salti mortali per trovare i biglietti (coi distributo­ri spesso non funzionant­i) al distinguer­e le relative tariffe, a seconda del mezzo e dell’azienda, e fino alle interminab­ili attese del mezzo agognato. Sempre

nell’incertezza di quando passerà o se si troverà il cartello «servizio sospeso»: per guasto tecnico, malattia degli addetti, sciopero improvviso dello straordina­rio ecc... Esasperati, quelli che se lo possono permettere cercano un taxi, che non sempre trovano facilmente e che comunque costa. Insomma un calvario, vergognoso per una grande città europea e persino turistica.

Da qui l’aspettativ­a che con gli accordi sindacali in itinere forse almeno il trasporto su ferro (quello peraltro meno stressante per gli addetti) potrà migliorare. Che gioia sarebbe. Talmente grande da indurre ad appellarsi al senso di responsabi­lità di amministra­tori, sindacati e lavoratori del trasporto pubblico. Quando stanno al tavolo delle trattative, ricordino tutti che sono cittadini oltre che agenti di un servizio pubblico, tutti indispensa­bili ai povericris­ti che dal mattino alla sera devono penare per spostarsi nella meraviglio­sa (si fa per dire) area metropolit­ana di Napoli.

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