Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La «storia nera» svelata dalle foto della Scientifica
Dall’assassinio di Silvia Ruotolo al rogo di Città della Scienza
In principio fu il gioco
NAPOLI piccolo. Chi non possedeva più neppure mezza lira, per aver perso tutto al bancolotto dopo essersi indebitato e aver impegnato la biancheria al Monte di Pietà, affidava i due soldi che gli erano rimasti alle galoppine del lotto clandestino. Si aggiravano nei vicoli con un registro nascosto sotto la gonna e rilasciavano un pezzetto di carta sul quale con un mozzicone di lapis avevano scarabocchiato l’ambo o il terno accanto all’importo dell’eventuale vincita.
Ma capitava non di rado, il sabato pomeriggio, che, di fronte alla prospettiva di dover pagare un numero esorbitante di vincite, sparissero come d’incanto tutti i tenutari del gioco piccolo, e con loro le donne che avevano raccolto le giocate. «Le mezzane di questa grande frode sono le donne», raccontava Matilde Serao nel descrivere la Napoli lacera e disperata di inizio Novecento. «Ogni tanto la questura arresta quattro o cinque di questi agenti, di queste mezzane, li condanna al carcere, alla multa, che importa? Scontano la pena, pagano la multa, escono, ricominciano da capo con più ardore». La frequentazione delle donne con il mondo della illegalità, in un crescendo che le porterà a ritagliarsi un ruolo di primo piano, e spesso di comando nella camorra, copre un percorso lungo più di un secolo.
Un arco di tempo durante il quale la figura della contrabbandiera, della moglie del boss o della capoclan darà alimento a una ampia letteratura, offrendo al cinema e alle fiction televisive personaggi assurti alla dimensione di eroine popolari. Ma ad affrancare Napoli e la Campania dall’immagine forte, e persino seducente, delle donne fuorilegge saranno altre donne: le giornaliste che quelle realtà descrivono e denunciano, le poliziotte che indagano, donne magistrato che inquisiscono e condannano. E soprattutto le storie delle vittime innocenti, il cui ricordo è un ammonimento per quanti ancora si fanno attrarre dall’inganno di presunti valori a fondamento del mondo del crimine: Silvia Ruotolo, Annalisa Durante, Gelsomina Verde, Teresa Buonocore.
Rimarcare la contrapposizione tra i due universi è argomento centrale e obiettivo del convegno «Femmene: grandi donne versus Lady camorra» che si terrà il 15 gennaio al Maschio Angioino con gli interventi del questore di Napoli Antonio De Iesu, di Isaia Sales, docente di Storia delle Mafie, della giornalista Rosaria Capacchione, di Vittorio Rizzi, direttore della Divisione centrale Anticrimine della polizia di Stato, e di Concetta Esposito, dirigente della polizia scientifica di Campania e Molise. Una iniziativa inserita nell’ambito della mostra fotografica della polizia scientifica, che a Napoli resterà aperta fino al 20 gennaio. La mostra itinerante racconta, attraverso le impronte, le foto segnaletiche e gli scatti eseguiti dalla Scientifica durante sopralluoghi sulla scena dei crimini o in occasione di eventi catastrofici, alcuni tra gli episodi più significativi e dolorosi della storia del Paese così come della cronaca nera.
Insieme con le foto segnaletiche di Mussolini, quando non era ancora duce del fascismo ma giovane socialista protagonista di agitazioni di piazza, e di Pertini, arrestato per attività antifascista, compaiano immagini del delitto Matteotti, quelle della stragi di piazza Fontana e di Bologna, gli omicidi del Mostro di Firenze, l’uccisione di Moro, le stragi di Capaci e via D’Amelio, quella di Fiumicino dell’85 e così via in un itinerario dolente che vuole essere anche un omaggio al lavoro della Scientifica, istituita nel 1903 e alla quale lo scorso anno è stata assegnata la Medaglia d’oro al Merito civile per i risultati raggiunti attraverso tecniche investigative che si sono affinate sem- pre più nel corso del tempo.
Nella tappa napoletana, la mostra della Scientifica ha conservato, per i casi selezionati, la dimensione al femminile, in armonia con il tema del convegno. Nei pannelli espositivi sono state inseriti i sopralluoghi eseguiti dopo il raid alla salita Arenella dove nella sparatoria tra sicari dei clan, l’11 giugno del 1997, cadde ferita a morte Silvia Ruotolo. E non è certamente un caso che tra i delitti più eclatanti compaia la strage di Quindici, consegnata alle cronache come la strage delle Donne, che resta una delle imprese più scellerate della camorra.
Il 26 maggio 2002 alla periferia del Comune di Lauro i killer aprirono il fuoco contro cinque donne a bordo di un’Audi. Tutte imparentate con esponenti del clan rivale, tre rimasero uccise. «Le abbiamo ammazzate tutte, non ne è rimasta neppure una di quelle zingare»’, esultò il boss al telefono mentre stappava lo champagne. Un fascio di luce che squarcia il buio in cui è immersa la strada, l’auto crivellata, il lenzuolo che nasconde il corpo di chi aveva invano tentato di fuggire dalla trappola: immagini che stanno a ricordarci quanto sia falsa e vuota la retorica di una malavita che obbedisce a codici d’onore e a quella regola, mai esistita, del rispetto per le donne.
Testimonianze
In evidenza le immagini di Mussolini, quando era giovane socialista
e quelle di Pertini