Corriere del Mezzogiorno (Campania)
C’era una volta il matrimonio al buio
All’altare senza conoscere (o quasi) il partner, accadeva nel secolo scorso con le nozze per procura Oggi l’anima gemella si cerca sul web e i candidati sono selezionati con un programma telematico
La lettera tanto attesa è finalmente giunta all’altro capo del mondo. Ora è tra le mani di un uomo, che la apre delicatamente per estrarre la foto sfocata di una giovane donna in abito bianco: il suo volto è dolce e sorridente, forse un po’ segnato dalla fatica dei campi. Egli cerca di immaginarla accanto a sé, ma per il momento rimane un’estranea. Eppure si tratta di sua moglie. I protagonisti di questo duetto silenzioso si sono infatti sposati per procura come hanno fatto tanti altri emigranti, molti dei quali campani, fino agli anni Settanta del secolo scorso. Matrimoni al buio celebrati per necessità e solitudine. Storie semplici di paese, quando le coppie venivano stabilite per corrispondenza.
Oggi le ragazze hanno altre esigenze, tuttavia la sottile follia di recarsi all’altare senza conoscere (o quasi) l’altra metà, pur se mediata da software avanzati, continua a caratterizzare un certo tipo di nozze a sorpresa anche nel Mezzogiorno tradizionalista.
Solo in Australia, si calcola che tra il 1945 e il 1976 giunsero almeno 12 mila donne italiane sposate per procura. L’approccio seguiva un percorso consueto. Dopo lo scambio delle prime foto, se entrambi si trovavano “piacenti”, cominciava il rapporto epistolare coronato dopo qualche tempo dal matrimonio a cui partecipava soltanto la sposa, accompagnata all’altare dal padre o da un fratello. Poi la partenza per il remoto continente con la nave o (per le più fortunate) con l’aereo e infine il sospirato incontro tra i novelli coniugi che poteva però nascondere qualche insidia, visto che il sapiente ritocco delle immagini fotografiche era già ampiamente praticato decenni prima delle magie di Photoshop.
«L’ultimo matrimonio per procura è stato celebrato in Italia nel ‘76 e registrato a Melbourne», spiega Susi Bella Wardrop, storica dell’emigrazione. «Dagli anni Sessanta la stessa Chiesa cattolica ha iniziato a scoraggiarne la pratica per il numero crescente delle esperienze negative».
Tramontate le unioni a distanza, non è certo venuto meno il desiderio di crearsi una famiglia, provando magari con un trafiletto pubblicato su una delle riviste di annunci molto diffuse prima dell’era digitale. «Quarantaquattrenne, celibe, libero professionista, alto, fisico atletico, cerca ragazza max 35enne a scopo matrimonio». In questi casi, le eventuali nozze arrivavano in seguito, ma rimaneva intatto il brivido dell’iniziale appuntamento al buio, talvolta in un parco, con un fiore all’occhiello per riconoscersi.
Il “cercasi” oggi si è trasferi- to sul web, dove però sono più attive le agenzie matrimoniali. La Harmony, con sede a Salerno, promette frequenti incontri “scopo amicizia o affetto”. I candidati sono selezionati con un programma telematico in cui bisogna inserire anche i propri hobby e il segno zodiacale. L’Agenzia Amore, presente a Napoli, propone invece un corposo portfolio di ragazze ucraine e russe interessate a sposare un uomo italiano. Il sito vanta 700 coppie create nell’ultimo anno. Cambia la nazionalità e la direzione di marcia delle emigranti, rimangono identiche le speranze di poter trovare, alla cieca, l’anima gemella.
«Amore»
L’agenzia di Napoli ha un di ucraine e russe interessate a sposare un italiano