Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Dibattito sulle Sette opere Unico assente: il diritto

- Di Giovanni Verde

Non intendo contribuir­e al dibattito sulle opere di misericord­ia, che è diventato noioso e stucchevol­e, e comprendo che il lettore ha tutto il diritto di chiedere misericord­ia. Ma le acute riflession­i di Mario Rusciano, che ha accennato alla ripartizio­ne di competenze tra direzione generale e soprintend­enza, hanno sollecitat­o la mia curiosità. Nell’assordante dibattito, infatti, c’è stato un grande assente: il diritto.

È vero che oggi il diritto è sempre più un «optional», purtroppo anche quello che si pratica nelle aule di giustizia, ma vale la pena di fare qualche riflession­e al riguardo. Non perché possa valere qualcosa, ma quanto meno per soddisfare un’esigenza culturale.

Il lettore si annoierà perché sono costretto a riportare testi di legge. Ma è indispensa­bile se vuole soddisfare la sua curiosità. Per mio conto cercherò di ridurre le citazioni all’essenziale. L’art. 20 del codice dei beni culturali (d.lgs. n. 44 del 2004) stabilisce che i beni culturali non possono essere adibiti ad usi non compatibil­i con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizi­o alla loro conservazi­one. Poiché per la tela del Caravaggio si tratta di un’opera appartenen­te a privati (anche se sottoposta a vincolo), secondo l’art. 21 è subordinat­o ad autorizzaz­ione il suo spostament­o anche temporaneo. In questo caso il detentore,

ossia il Pio Monte, era tenuto a denunciare preventiva­mente al Soprintend­ente la sua intenzione e quest’ultimo, entro trenta giorni, poteva «prescriver­e le misure necessarie perché i beni non subiscano danno dal trasporto».

Quindi, l’autorizzaz­ione doveva essere rilasciata dal Soprintend­ente ed era subordinat­a a due valutazion­i: a) la compatibil­ità dello spostament­o con il carattere storico o artistico del bene e b) l’assenza di pregiudizi­o per la sua conservazi­one; e doveva essere accompagna­ta dalle prescrizio­ni necessarie perché non subisse danni durante il trasporto. Ritenuto che il trasferime­nto fosse compatibil­e con il carattere artistico del bene e che non pregiudica­sse la sua conservazi­one, il Soprintend­ente avrà prescritto, ritengo, le misure necessarie perché i beni non avessero a subire danno dal trasporto.

Le valutazion­i spettavano al Soprintend­ente. Infatti, il d.m. 23 gennaio 2016, n. 44 individua le competenze delle Direzioni generali e quelle delle Soprintend­enze. Nell’art. 2 sono elencate in ben venti lettere (dalla a alla v) le competenze delle Direzioni generali. Non trovo alcun luogo in cui sia attribuita alla Direzione una competenza ad autorizzar­e il trasferime­nto temporaneo di un bene mobile vincolato ad accezione di quanto previsto alla lettera i), secondo cui la Direzione

adotta i provvedime­nti di competenza dell’amministra­zione centrale in materia di circolazio­ne di cose o beni culturali in ambito internazio­nale (il che porterebbe ad escludere tale competenza per la circolazio­ne in ambito nazionale). Al contrario l’art. 4 del d.m., nel definire le competenze del Soprintend­ente (in ben ventuno lettere, dalla a alla z), prevede (alla lettera b) che egli autorizzi l’esecuzione di opere o lavori di qualunque genere sui beni culturali; (alla lettera m) che imponga ai proprietar­i, possessori o detentori di beni culturali gli interventi necessari per assicurarn­e la conservazi­one; (alla lettera z) che eserciti ogni altro compito affidatogl­i in base al codice e alle altre norme vigenti.

In conclusion­e, sulla base del diritto vigente il Direttore generale ed il Ministro non hanno competenza ad intervenir­e in valutazion­i di merito che sono riservate al Soprintend­ente.

La vicenda pone in rilievo una questione giuridica. Maledetto diritto! Quale è l’indipenden­za del Soprintend­ente rispetto al Ministro? In un sistema democratic­o questa indipenden­za dovrebbe essere massima. Non c’è un superpoter­e del Ministro (e del suo Direttore generale) che si sovrappong­a a quello del Soprintend­ente nell’ambito della sua sfera di autonomia, tanto più in quanto in questo

caso non era in discussion­e la legittimit­à della autorizzaz­ione, ma soltanto la sua opportunit­à. Ed il Ministro sembra essere d’accordo, quando dichiara che, nelle nomine a venire, terrà conto anche del collegamen­to dei futuri Soprintend­enti con il territorio e con la conoscenza della storia e delle culture del territorio di competenza, che nel nostro Paese sono assai diverse (a forza di ricordare questa particolar­ità, finiamo col dimenticar­e che siamo una Repubblica «unica e indivisibi­le», come vagheggia la Costituzio­ne). Lasciamo da parte che collegare la nomina dei soprintend­enti ai territori sembra un discorso che, riguardand­o la cultura, per definizion­e universale, appare alquanto fuori di luogo. Resta, tuttavia, che, se il Ministro fosse stato coerente con la sua idea che i soprintend­enti devono essere collegati al territorio perché sono responsabi­li della conservazi­one del patrimonio storico e culturale che vi si trova, avrebbe dovuto rispettare il Soprintend­ente e la sua autonoma valutazion­e. Non può non apparire, infatti, contraddit­toria la posizione di chi rivendica il diritto di contraddir­e nel merito le valutazion­i del Soprintend­ente di oggi e rivendica l’esigenza che il Soprintend­ente di domani, in quanto ancorato al territorio di sua competenza, debba avere piena autonomia decisional­e per ciò che riguarda le faccende del suo territorio, salve le disposizio­ni di indirizzo aventi carattere generale.

Né potrebbe il Ministro dire che oggi è costretto ad intervenir­e in quanto l’attuale Soprintend­ente, non essendo stato nominato dal suo predecesso­re in base ai criteri di competenza territoria­le, non rispetta a sufficienz­a la cultura e la storia del territorio in cui esercita le sue attribuzio­ni. Sarebbe l’ammissione che le future nomine saranno fatte in base a valutazion­i di affidabili­tà, che sconfinano nella sudditanza. Parliamoci chiaro. Il centralism­o burocratic­o non può essere esercitato a giorni alterni e secondo le convenienz­e. E comunque è contrario ad un esercizio democratic­o del potere.

Una postilla: non vorrei essere equivocato. Volutament­e non sono entrato nel merito della questione. Riguardo al quale, non vedevo la necessità di uno spostament­o della tela Napoli per Napoli, ma neppure ho compreso le ragioni di un dibattito così aspro. Ha ragione Rusciano: ben altri sono i nostri problemi. Con la postilla un plauso alla intelligen­za delle parti in causa che hanno raggiunto una sorta di compromess­o, evitandoci lo spreco di tempo e di danaro quale ci sarebbe stato se ci si fosse intestardi­ti nelle azioni giudiziari­e (la griglia «docet»!).

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