Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Bellenger svela il restauro di Tiziano Su Caravaggio: troppo clamore
Capodimonte Bellenger svela il lavoro sul Vecellio. E torna su Caravaggio: non capisco perché il caso sia finito sui giornali internazionali
«Aben guardare l’armatura di Pier Luigi Farnese nel celeberrimo ritratto di Tiziano — mentre parliamo, il Duca di Castro si staglia dalla seta verde della sala di Capodimonte, a poche ore dall’inizio del suo restauro — si notano analogie con le armature del Martirio di
Sant’Orsola di Caravaggio». Sylvain Bellenger, direttore del Museo della Reggia borbonica e del Real Bosco ci consegna questa suggestione comparativa tra due artisti cult della Reggia. E l’arricchisce di dettagli: «Non è strano che ci siano collegamenti forti tra i due pittori, basti pensare che il maestro di Caravaggio era di scuola tizianesca. Se ci si pone attenzione, infatti, quando il Merisi lascia intravedere un paesaggio, e lo fa molto di rado, quelle sue vedute sono riconducibili proprio a Tiziano».
Direttore, visto che ci siamo, togliamoci il dente e parliamo pure dell’assai discussa mostra di Caravaggio. «No, per carità. Oggi il protagonista è Tiziano. La cosa che mi ha stupito di più, e ancora mi stupisce, è la nascita di una polemica così nutrita per uno spostamento di poche centinaia di metri. Ed è la stessa meraviglia riportata dai giornali internazionali». Addirittura? E quali: «Les Echos in Francia, ad esempio,
Die Zeit in Germania. Anche il New York Times mi aveva chiesto un’intervista ma io l’ho rifiutata, a loro come ad altre testate (il NYT farà un servizio ma sul patrimonio del museo,
ndr). Perché ancora mi chiedo: in quale paese al mondo un museo chiede in prestito un’opera per tre mesi e si crea uno scandalo nazionale quasi come per la Tav. Prendiamo il caso delle grate in piazza del Plebiscito: proposi di fare una grata artistica, un intervento funzionale che potrebbe diventare addirittura attrattivo». C’è stata anche una levata di scudi in sua difesa, l’appello degli intellettuali che abbiamo ampiamente riportato: «Non si tratta di una ‘mia difesa’ ma dell’affermazione di una visione della cultura e delle iniziative di Capodimonte dove non sono certo da solo ma ho importanti collaboratori: intorno a Caravaggio lavora molto seriamente un gruppo che ha a cuore la tutela. Non mi aspettavo però una reazione così calorosa...».
Novità sulla mostra? Poi basta, parliamo di Tiziano. «Che dire? Stiamo risolvendo tutti i problemi. Di certo sarà anche l’occasione per una riflessione su come cambia lo sguardo umano sull’arte nel tempo, anche in fatto di tutela: la differenza la fa la tecnologia, come l’art camera che ha solo un anno di vita e la si può già vedere sul nostro sito applicata a Vasari». Tolto il dente «caravaggesco» torniamo a Vecellio. Ieri la giornata era tutta per lui nella sala dedicata alle sue opere, una concentrazione rarissima al mondo. Titolo I ritratti di Tiziano: tecnica e restauro organizzata. Sono stati presentati i primi risultati della campagna diagnostica ancora in corso, preliminare all’intervento sul Ritratto di Per Luigi Farnese, grazie al progetto Rivelazioni. Finance for Fine Arts di Borsa Italiana e al sostegno delle imprese di Elite, attraverso Art Bonus (Tecno, Graded e Pasell). Con Giovanni Lombardi, presidente dell’Advisory Board del Museo e Real Bosco di Capodimonte, sono intervenuti Paul Joannides dell’Università di Cambridge, Marco Cardinali e Beatrice de Ruggieri di EmmeBi Diagnostica artistica, e Philippe Walter e Helen Glanville del Lams–Cnrs della Sorbona di Parigi sulle indagini iperspettrali, ovvero la nuova frontiera della diagnosi.
Un po’ di Europa, dunque, a Capodimonte. «Non si può lavorare su Tiziano senza pensare all’Europa e al mondo. Stiamo organizzando una grande mostra sulla Danae di Tiziano prevista per il 2020-21. È una ricerca sulla serialità di questo nudo straordinario. L’opera di Capodimonte sarà comparata e affiancata da quelle successive conservate a Londra, San Pietroburgo e Vienna. Un museo non deve solo esporre, deve produrre ricerca».
A curarne il restauro nel 2004 è stato proprio Marco Cardinali: «È il più erotico dipinto che esiste e la diagnostica che svelato dati prima sconosciuti come la sua genesi. Tiziano prima aveva deciso di dipingere la Venere di Urbino e su questo disegno originario compie una trasfigurazione in Danae. La storia è seducente di per sé perché il volto della Danae è quello dell’amante del cardinale committente che la esponeva non a caso in camera da letto».
Non una diceria, come ha confermato il ritrovamento del carteggio del nunzio apostolico Monsignor Giovanni Della Casa che al cardinale Alessandro Farnese scriveva: «...lha presso che fornita, per commession di Vostra Signoria Reverendissima, una nuda che faria venir il diavolo addosso al cardinale San Sylvestro». Al suo cospetto «quella che Vostra Signoria Reverendissima vide in Pesaro nelle camere de’ l Signor duca d’ Urbino è una teatina appresso a questa». Tiziano aveva trovato un espediente geniale alla richiesta della realizzazione del ritratto della concubina del cardinale: applicare la sua testa sul corpo della Danae. Così la bella sdraiata avrebbe i lineamenti di tal Angela, una cortigiana molto accorsata.
«La mostra del 2020 — racconta Angela Cerasuolo, capo dipartimento di restauro a Capodimonte — mette a confronto le varie redazioni del soggetto grazie all’uso delle nuove tecnologie. Danae e le sorelle raccontano quanto creativa fosse la serialità tizianesca che partiva dal ‘copia incolla’ e reinventava capolavori».
«Danae» protagonista dell’evento del 2020 E intanto si presenta il restauro Farnese