Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Contrordine compagni» Urge un nuovo umanesimo
Il libro, ottimista, del sindacalista Cisl Marco Bentivogli
C’è un paragrafo nei Quaderni dal carcere di Gramsci, ormai paradigmatico per definire la crisi di un sistema, o meglio la transizione da una fase a un’altra: «La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati».
A guardare le trasformazioni economiche, sociali e politiche che stanno attraversando le democrazie liberali occidentali le intuizioni di Gramsci sono di una contemporaneità disarmante. Soprattutto di questo parla il bel saggio, ottimista e razionale, Contrordine compagni scritto da Marco Bentivogli e pubblicato da Rizzoli.
Abbiamo conosciuto Bentivogli come sindacalista riformista e pragmatico, che ha combattuto a difesa dei lavoratori e della qualità del lavoro e contro le posizioni pregiudiziali e ideologiche del sindacato, come nella vicenda Fca di Pomigliano. Contrordine compagni aggiunge un’ulteriore tessera al profilo pubblico di Bentivogli, quella da intellettuale.
Tutto il libro, infatti, è animato da una consapevolezza e una tensione, molto rara in Italia, quella della necessità di affrontare in maniera strutturale e universale il cambiamento che l’innovazione tecnologica sta producendo nelle nostre vite di animali sociali, di lavoratori, di individui. Il saggio è anche un testo militante contro la paura — in particolare contro la tecnofobia — che utilizza dati, studi e prassi razionale per smentire le previsioni catastrofiche sull’uomo assoggettato ai robot, sulla fine del lavoro e sulla mitopoietica del passato come età dell’oro dell’umanità. A pensarci bene, Bentivogli avrebbe potuto intitolare il libro: Chi ha paura del futuro?
Allo stesso tempo, però, Contrordine compagni non è un libro ingenuamente tecnoentusiasta, né affida alla tecnologia una funzione redentrice dell’umanità. Nelle quasi 300 pagine del saggio sono affrontate tutte le questioni aperte e le minacce (i fenomeni morbosi dell’interregno secondo Gramsci) legate all’innovazione tecnologica: dalla quarta rivoluzione industriale, al cambiamento dei lavori e dei lavoratori, fino all’impatto sulla democrazia di rappresentanza e alla partecipazione di ogni singolo individuo alla costruzione della propria comunità.
La risposta non può essere una forma di neoluddismo contro le macchine, né un’accettazione passiva dell’innovazione. Piuttosto serve la consapevolezza della necessità di un nuovo umanesimo, dove l’uomo torna centrale nell’elaborazione dei processi e diventa il fine nella progettazione del futuro. Che poi più semplicemente significa ritrovare il senso di appartenenza di ciascuno di noi alla medesima comunità di destino.
Come scrive infatti Bentivogli nelle conclusioni: «Per puntare ancora su questa fraternità serve un segno di discontinuità da schematismi e dogmi, spesso nient’altro che scorciatoie per far finta di non capire cosa accade, per deporre le armi e non accettare le sfide che si palesano davanti a noi. […] Perché il futuro è conseguenza di ciò che mettiamo in campo nel presente […] Umanizzare l’economia, il lavoro, la società significa mettere in gioco i valori, rigenerare i luoghi di incontro per trasformare gli odiatori in esseri umani inclini alla fraternità, intesa come relazione liberatrice dall’insicurezza e dalla paura».
Anche per questa speranza Controdine compagni è un libro assolutamente da leggere.