Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Mio padre Giulio ospitò Henze quando amava Bachmann»

- Di Natascia Festa

Nel carteggio tra Ingeborg Bachmann e Hans Werner Henze che s’amarono, benché lui fosse omosessual­e, tra Napoli e Ischia, compare spesso un certo Giulio. «Oggi ho visto Giulio, siamo stati qui, abbiamo fatto questo o quello... Giulio era mio padre...» racconta Nina Di Majo che firma il documentar­io Hans Werner Henze: la musica, l’amicizia, il gioco. Proiezione oggi, alle 19, a Casa Morra (Salita San Raffaele, Napoli) dopo un incontro tra la regista e Mario Martone, moderati da Mario Franco e con Bruno Roberti. L’occasione è la rassegna Voci e altri invisibili.

Che ci faceva suo padre Giulio tra Bachmann e Henze? «Quando il musicista scappò dalla Germania nazista approdò in Italia e poi a Napoli dove trovò la libertà, la democrazia, la cultura e la natura di una capitale del Mediterran­eo. Fu un vero innamorame­nto. Iniziò ad insegnare al San Pietro a Majella al quale, dopo poco, si iscrisse mio padre che iniziò a seguire le sue lezioni. Si sarebbe poi laureto in giurisprud­enza. Divennero amici e Henze cominciò a frequentar­e la casa dei miei nonni. Per un periodo fu ospite di questa grande dimora del centro storico, fu un po’ adottato da questa famiglia che ricorda quella di Oci ciornie di Nikita Mikhalkov. E la Russia c’entra, non è solo una suggestion­e. Nell’Ottocento il mio antenato Carlo Felice era a capo delle milizie dello zar e della zarina, e la matrice russa rimane nel mio nome».

Dunque, in quest’angolo di russia napoletana, Henze si ritrova e vive anche quella sbornia d’amore che dovette essere l’amore per la sua «illustre matta del saecolo» come scrive nell’intestazio­ne di una lettera a Bachmann, datata Napoli, 29 maggio 1957. «Sì, il periodo napoletano corrispond­e a questa singolare storia d’amore, un triangolo molto sexy, anche se non sono particolar­mente belli. Henze aveva e avrà per tutta la vita un compagno con il quale vivrà “da sposato” molto prima dei Pax. Era un uomo eccentrico, all’avanguardi­a che subito strinse relazioni con Luchino Visconti e Pier Paolo Pasolini. Bachmann, dal canto suo, era una donna lunare e molto sfortunata. Del triangolo fu la vittima. E benché Henze le avesse fatto una proposta di matrimonio la lasciò generandol­e un’immensa ferita». Come definirebb­e questo suo lavoro? «È un documentar­io d’arte, un film biografico dal montaggio emozionale che ripercorre le tappe di una carriera. Ho utilizzato il bellissimo materiale inedito dell’Istituto Luce, girato a Napoli e Ischia tra gli anni ‘50 e ‘60. Ci sono interviste a chi lo ha conosciuto da Alessio Vlad a Gioacchino Lanza Tomasi da Nuria Nono a Ginevra Bompiani ed Ermanno Rea. E c’è il suo Sud dionisiaco e liberatori­o, carico di bellezza: il San Carlo, Ischia e Piedigrott­a. E, grazie agli eredi di Visconti, abbiamo girato nel giardino di Grazzano Visconti che lo ospitò».

Un’opera su arte e vita e, come dice Peppe Morra «sulla riscoperta della bellezza di Napoli, “una città così antica, così misteriosa; una cosa bella, non da naufraghi” per usare le parole di Henze».

Nel loro carteggio compare spesso A Napoli frequentav­a anche i nonni

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Strana coppia Ingeborg Bachmann e Hans Werner Henze

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