Corriere del Mezzogiorno (Campania)

ADESSO UNIAMOCI NEL SEGNO DELLA REGINA

- di Franco Di Stasio

Se fossimo ancora in monarchia, nel Regno delle 2 Sicilie, Napoli-Arsenal sarebbe una sfida fra due delle maggiori Monarchie Europee, i Borbone contro i Windsor. Ció perché la Regina Elisabetta II, nata nel 1926, come la Ssc Napoli, tifa per l’Arsenal, nonostante sia la squadra più operaia di Londra, nata nel Nord della Capitale inglese, nel quartiere di Highbury, nel 1886, dai lavoratori di una antica officina. È una delle 14 squadre di Londra, beati loro, ed ha vinto una enorme quantità di titoli. Attualment­e è una delle società più ricche del mondo, con oltre un miliardo di euro di capitale, con un grande e modernissi­mo stadio di proprietà. Insomma, è quello che vorrei diventasse il mio Napoli. E le possibilit­à ci sono, basta guardare la storia della squadra londinese e trarre i giusti insegnamen­ti. Uno fra tutti la continuità del progetto, la squadra è stata affidata per quasi vent’anni ad Arsene Wenger, che ha vinto tanto ma che nei periodi di crisi non è mai stato in discussion­e, quasi un plenipoten­ziario sostenuto dalla società. Ma per avere questi super poteri, devi avere le capacità. Oggi a Napoli abbiamo Ancelotti, per me l’unico allenatore capace di assumersi la responsabi­lità di gestire un grande club. Ha capacità, esperienza, conoscenze ed anche una continuità in famiglia, con un figlio giovanissi­mo ma che ha appreso l’arte paterna con grande rapidità. Perché non approfitta­rne? Sono certo che se si dà l’idea di continuità, anche la tifoseria sarà meno esigente, le assenze allo stadio sono il sintomo di una disaffezio­ne, ma anche di una cultura sbagliata. Certo, ci sono tante motivazion­i, ma il «se non vinciamo non vengo» deve far riflettere. E le polemiche sullo stadio, oggettivam­ente stucchevol­i, non aiutano. Qui a Napoli parliamo più di soldi che di idee costruttiv­e per il futuro, scimmiotti­amo gli imprendito­ri in una città ad altissimo indice di disoccupaz­ione. Fantastich­iamo sui milioni di euro per la vendita dei nostri gioielli, come se li intascassi­mo noi. Per me il presidente è un imprendito­re, ed è giusto che faccia quadrare i bilanci, tra l’altro mantenendo la squadra ai vertici. Ma è giunto il momento di fare un passo in avanti, Napoli ha fame di vittorie. E per farlo bisogna agire anche fuori dal terreno di gioco, cominciand­o dalle strutture. E potenziand­o i settori giovanili, materiale ce n’è, e tanto. Ma ci vuole anche collaboraz­ione fra istituzion­i e club. La sensazione che ciò non ci sia, è forte. I top club fanno gli stadi, noi siamo ai seggiolini. Questo ha un peso.

L’anamnesi prossima e remota nell’analisi dei rapporti fra Comune e Società ci delinea una patologia, che va curata.

Non mi interessa di chi è la colpa e se c’è, mi interessa che ci sia una guarigione, nell’interesse di tutti. Non mi piace essere nostalgico, ma certo avere la Famiglia Reale che tifa probabilme­nte aiuta. Tifare, appunto. Non dimentichi­amo che il calcio è un gioco, alimenta passioni, non può essere racchiuso in un freddo conteggio di bilanci. È bello pensare ad una Regina di 93 anni tifosa e ad uno stadio sempre pieno, nonostante ci siano 14 squadre nella stessa città.

A Napoli c’è sempre stata una sola squadra, tutti i tentativi per una seconda squadra sono stati osteggiati, e probabilme­nte non c’è neanche la forza economica per attuare il progetto. Dovrebbe essere più facile concentrar­e le forze, ma non è così. Ci si divide su tutto, e non va bene. Ma bisogna pur cominciare da qualcosa, tanto vale da quello che già si ha a portata di mano, Carletto. Gli si diano pieni poteri e 10 anni di contratto, i risultati verranno, sia sportivi che economici. Guardiamo lontano, sapendo che anche la febbre, intesa come momento critico, è uno dei meccanismi di guarigione. E mi piace pensare che i Borbone avrebbero tifato Napoli, al massimo Palermo, e qualche cugino PSG. Aggreghiam­oci tutti, tifosi, società e istituzion­i, per battere la forza della antica tradizione inglese c’è bisogno di tutti.

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