Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Calise: per il governatore la vittoria di Roberti è la garanzia sul futuro
«Per lui portare a casa un buon risultato sarebbe importante La Lega? Molto dipende dai grandi elettori di Forza Italia»
«La vittoria di Franco Roberti può incidere sul futuro di Vincenzo De Luca che è riuscito a tenere in piedi la bandiera della buona amministrazione». Ne è convinto il politologo Mauro Calise, secondo il quale un buon risultato del magistrato alle Europee sarebbe una garanzia per i prossimi anni del governatore. Calise non crede a un crollo del Movimento 5 Stelle nel Sud: «Non c’è un problema immediato», mentre spiega che Salvini dovrà essere capace di conciliare «leadership con la struttura di partito».
” Il medium digitale è fondamentale e chi lo governa vince Il leader leghista è riuscito a moltiplicare i voti grazie ai tweet
La prossima sfida è la capacità di conciliare leadership e struttura di partito Per la Lega essenziale il tema della autonomia differenziata
L’assunto di base è sempre quello di Marshall McLuhan, e risale a più di cinquant’anni fa: il medium è il messaggio. Solo che oggi il medium per eccellenza è il digitale. Chi lo governa, vince. «Sì. E il Pd ci aveva provato ma ha fallito, perché Renzi si è fermato alla Tv. È stata un’operazione vetero-berlusconiana o neo-berlusconiana, fate voi. Non parlo di contenuti, ma della strategia comunicativa».
Salvini invece ci è riuscito.
«Già. E ha preso tutti in contropiede».
Mauro Calise, politologo, è uno di quegli studiosi che interpelli quando qualcosa non quadra. Quando pensi di averle viste tutte e non è così. «In Italia siamo all’avanguardia, quanto a innovazione digitale in politica. Prima con i 5 stelle e poi con Salvini, anche se in forme diverse. Un bel problema».
Al governo, in piazza o in campagna elettorale non cambia l’approccio: digitale über alles.
«No, non cambia. La chiave del successo è fondere l’innovazione personale leaderistica e quella partitica. Altrimenti rapidamente ci si brucia. Renzi ha sottovalutato il fatto che una volta preso il partito con le primarie doveva cambiarlo a sua immagine e somiglianza. La forza dei 5 stelle è aver messo insieme Casaleggio e Grillo. Innovazione partitica in mano a Casaleggio insieme alla vis carismatica di Grillo, perciò il loro successo è stato così rapido. Poi, e faccio autocritica, pensavo che il passaggio di testimone tra Grillo e Di Maio sarebbe stato più difficile, non è stato così. Anche grazie al controllo del governo. Salvini invece è riuscito a moltiplicare i voti con i tweet. Un miracolo senza precedenti. Poche parole, chiare, dirette, comprensibili. Pazienza se di politica vera e propria non c’è ombra».
Ma una crescita così rapida, poi può durare nel tempo? Non faranno la fine di Renzi?
«La prossima sfida è nella capacità di conciliare leadership forte e struttura di partito. La leadership 5 stelle può permettersi di arrancare alle elezioni amministrative, il controllo sul partito digitale è ancora saldo. Ma per Salvini il tema dell’autonomia differenziata è vitale. Altrimenti rischia di scavare un fossato tra la sua leadership tutta selfie e tweet e i quadri storici della Lega che sudano nelle amministrazioni locali. Ecco perché i 5 Stelle proveranno a far saltare l’accordo con le regioni, per mettere in difficoltà l’alleato».
Pensa che i 5 Stelle crolleranno in questa tornata elettorale al Sud?
«Non c’è un problema immediato dei 5 Stelle al Sud. Si vota per le europee, le variazioni per macro-aree conteranno al massimo un paio di giorni. L’unico voto territoriale che conta, in queste elezioni, è il Piemonte. È la partita più importante per il rilancio del Pd».
Però intanto la Lega continua ad avanzare, anche al Sud.
«Vedremo. Molto dipende dai grandi elettori di Forza Italia, che cominciano a salire sul carro ma ancora stanno valutando le prospettive di durata della Lega. Il ceto politico forzista, che ha una certa idea di amministrazione pubblica e che vede i 5 Stelle come il diavolo, sta aspettando il ritorno di Salvini nella casa del centrodestra. Il segnale sull’abuso di ufficio era rivolto a loro».
E il Pd? Crede che la scelta di Roberti, mal digerita dai micronotabili campani, sia vincente?
«Il Pd e il Sud è un capitolo tutto da scrivere. Non si potevano chiedere miracoli a Zingaretti in poche settimane. L’elemento principale di rinnovamento è la candidatura di Roberti, che è il volto migliore dello Stato. Non possiamo chiedere a Zingaretti di inventarsi leadership in giro per l’Italia, già fa fatica a essere lui il leader ipermediatico necessario per contrastare Salvini. Se Roberti avrà un buon risultato, sarà il segnale che si può imboccare una strada nuova. Anche se la traversata del Pd nel deserto che Zingaretti ha ereditato, sarà lunga».
La vittoria di Roberti è anche un banco di prova per De Luca? Una spinta per il suo futuro a Palazzo Santa Lucia?
«Certo, può incidere sul futuro di De Luca che è riuscito a tenere in piedi la bandiera della buona amministrazione, e questo malgrado una stampa che non lo ha aiutato. La rivoluzione che ha fatto nella sanità viene messa da parte per un pugno di formiche e i ministri ci speculano. Portare a casa un buon risultato per un candidato specchiato sarebbe importante. Il posizionamento di De Luca in questa fase, anche dal punto di vista dell’immagine strategica, è quello di un politico di razza. È riuscito a indicare il capolista e a dare a Zingaretti uno spunto di lungo respiro in questo caos meridionale».