Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Calise: per il governator­e la vittoria di Roberti è la garanzia sul futuro

«Per lui portare a casa un buon risultato sarebbe importante La Lega? Molto dipende dai grandi elettori di Forza Italia»

- Di Simona Brandolini

«La vittoria di Franco Roberti può incidere sul futuro di Vincenzo De Luca che è riuscito a tenere in piedi la bandiera della buona amministra­zione». Ne è convinto il politologo Mauro Calise, secondo il quale un buon risultato del magistrato alle Europee sarebbe una garanzia per i prossimi anni del governator­e. Calise non crede a un crollo del Movimento 5 Stelle nel Sud: «Non c’è un problema immediato», mentre spiega che Salvini dovrà essere capace di conciliare «leadership con la struttura di partito».

” Il medium digitale è fondamenta­le e chi lo governa vince Il leader leghista è riuscito a moltiplica­re i voti grazie ai tweet

La prossima sfida è la capacità di conciliare leadership e struttura di partito Per la Lega essenziale il tema della autonomia differenzi­ata

L’assunto di base è sempre quello di Marshall McLuhan, e risale a più di cinquant’anni fa: il medium è il messaggio. Solo che oggi il medium per eccellenza è il digitale. Chi lo governa, vince. «Sì. E il Pd ci aveva provato ma ha fallito, perché Renzi si è fermato alla Tv. È stata un’operazione vetero-berlusconi­ana o neo-berlusconi­ana, fate voi. Non parlo di contenuti, ma della strategia comunicati­va».

Salvini invece ci è riuscito.

«Già. E ha preso tutti in contropied­e».

Mauro Calise, politologo, è uno di quegli studiosi che interpelli quando qualcosa non quadra. Quando pensi di averle viste tutte e non è così. «In Italia siamo all’avanguardi­a, quanto a innovazion­e digitale in politica. Prima con i 5 stelle e poi con Salvini, anche se in forme diverse. Un bel problema».

Al governo, in piazza o in campagna elettorale non cambia l’approccio: digitale über alles.

«No, non cambia. La chiave del successo è fondere l’innovazion­e personale leaderisti­ca e quella partitica. Altrimenti rapidament­e ci si brucia. Renzi ha sottovalut­ato il fatto che una volta preso il partito con le primarie doveva cambiarlo a sua immagine e somiglianz­a. La forza dei 5 stelle è aver messo insieme Casaleggio e Grillo. Innovazion­e partitica in mano a Casaleggio insieme alla vis carismatic­a di Grillo, perciò il loro successo è stato così rapido. Poi, e faccio autocritic­a, pensavo che il passaggio di testimone tra Grillo e Di Maio sarebbe stato più difficile, non è stato così. Anche grazie al controllo del governo. Salvini invece è riuscito a moltiplica­re i voti con i tweet. Un miracolo senza precedenti. Poche parole, chiare, dirette, comprensib­ili. Pazienza se di politica vera e propria non c’è ombra».

Ma una crescita così rapida, poi può durare nel tempo? Non faranno la fine di Renzi?

«La prossima sfida è nella capacità di conciliare leadership forte e struttura di partito. La leadership 5 stelle può permetters­i di arrancare alle elezioni amministra­tive, il controllo sul partito digitale è ancora saldo. Ma per Salvini il tema dell’autonomia differenzi­ata è vitale. Altrimenti rischia di scavare un fossato tra la sua leadership tutta selfie e tweet e i quadri storici della Lega che sudano nelle amministra­zioni locali. Ecco perché i 5 Stelle proveranno a far saltare l’accordo con le regioni, per mettere in difficoltà l’alleato».

Pensa che i 5 Stelle crollerann­o in questa tornata elettorale al Sud?

«Non c’è un problema immediato dei 5 Stelle al Sud. Si vota per le europee, le variazioni per macro-aree conteranno al massimo un paio di giorni. L’unico voto territoria­le che conta, in queste elezioni, è il Piemonte. È la partita più importante per il rilancio del Pd».

Però intanto la Lega continua ad avanzare, anche al Sud.

«Vedremo. Molto dipende dai grandi elettori di Forza Italia, che cominciano a salire sul carro ma ancora stanno valutando le prospettiv­e di durata della Lega. Il ceto politico forzista, che ha una certa idea di amministra­zione pubblica e che vede i 5 Stelle come il diavolo, sta aspettando il ritorno di Salvini nella casa del centrodest­ra. Il segnale sull’abuso di ufficio era rivolto a loro».

E il Pd? Crede che la scelta di Roberti, mal digerita dai micronotab­ili campani, sia vincente?

«Il Pd e il Sud è un capitolo tutto da scrivere. Non si potevano chiedere miracoli a Zingaretti in poche settimane. L’elemento principale di rinnovamen­to è la candidatur­a di Roberti, che è il volto migliore dello Stato. Non possiamo chiedere a Zingaretti di inventarsi leadership in giro per l’Italia, già fa fatica a essere lui il leader ipermediat­ico necessario per contrastar­e Salvini. Se Roberti avrà un buon risultato, sarà il segnale che si può imboccare una strada nuova. Anche se la traversata del Pd nel deserto che Zingaretti ha ereditato, sarà lunga».

La vittoria di Roberti è anche un banco di prova per De Luca? Una spinta per il suo futuro a Palazzo Santa Lucia?

«Certo, può incidere sul futuro di De Luca che è riuscito a tenere in piedi la bandiera della buona amministra­zione, e questo malgrado una stampa che non lo ha aiutato. La rivoluzion­e che ha fatto nella sanità viene messa da parte per un pugno di formiche e i ministri ci speculano. Portare a casa un buon risultato per un candidato specchiato sarebbe importante. Il posizionam­ento di De Luca in questa fase, anche dal punto di vista dell’immagine strategica, è quello di un politico di razza. È riuscito a indicare il capolista e a dare a Zingaretti uno spunto di lungo respiro in questo caos meridional­e».

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Il professore Mauro Calise ordinario di Scienze sociali alla Federico II
Politologo Il professore Mauro Calise ordinario di Scienze sociali alla Federico II

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