Corriere del Mezzogiorno (Campania)
I permessi illegali di soggiorno: immigrati con casa nel cimitero
Documenti falsi, tariffari per il rilascio o il rinnovo: due poliziotti a capo della banda
C’era un mercato dei permessi di soggiorno e a venderli erano proprio quelli che avrebbero dovuto fare i controlli: i poliziotti in servizio nell’Ufficio immigrazione. Emerge da un’inchiesta delegata a polizia di Stato e Guardia di Finanza che ieri ha portato all’arresto di sette persone, di cui cinque in carcere e due ai domiciliari. Tra gli indagati in carcere ci sono Flavio Scagliola, agente in servizio, e Vincenzo Spinosa, ispettore in pensione. Nei confronti di altri due ispettori, Luigi Guerriero e Sergio Repola, il gip Marco Carbone ha respinto la richiesta di arresto.
L’inchiesta verte sulla «gestione scellerata e criminale delle istanze di rilascio o di rinnovo di permesso di soggiorno presentate negli anni 2017 - 2018 all’Ufficio immigrazione della Questura, oggetto di mercimonio costante ed evase al di fuori di qualsivoglia sostanziale controllo». I reati ipotizzati sono, a vario titolo, associazione a delinquere, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e corruzione.
Alla banda dei permessi di soggiorno gli investigatori sono arrivati seguendo la pista del terrorismo islamico: una segnalazione della Procura di Roma del giugno 2016 su trasferimenti di denaro eseguite attraverso le agenzie di «money transfer» da un algerino in Francia, Belgio, ed altri Paesi dell’Ue aveva portato all’ identificazione di un algerino residente in Belgio legato al terrorista dell’Isis Abdelhamid Abaaoud, sospettato di essere uno degli organizzatori degli attacchi islamisti di Parigi il 13 novembre 2015 ed ucciso in un’ operazione della polizia francese cinque giorni dopo.
Dalla ricostruzione dei movimenti di denaro è affiorato il network dei permessi di soggiorno falsificati: nelle mani degli investigatori sono finite alcune agende che riportavano il tariffario: 50-100 euro per una informazione, fino a 3.000 per un permesso di soggiorno rilasciato utilizzando residenze false. Ben 330 richiedenti risultavano residenti nel cimitero di Santa Maria del Pianto.
«Motore dell’associazione a delinquere», secondo il giudice, è l’ispettore in pensione Vincenzo Spinosa, che «fungeva da raccordo tra i funzionari della Polizia di Stato corrotti dipendenti dell’ufficio predetto e un manipolo di intermediari, perlopiù cittadini stranieri in contatto con connazionali dimoranti, in buona parte dei casi, all’estero e capaci di sottoporre al vaglio dei funzionari dell’ufficio (in realtà sottraendole al controllo di legalità previsto dalla legge) un consistente numero di istanze».
In cambio di denaro i componenti della banda fornivano assistenza su tutti i fronti a quanti volevano un permesso di soggiorno: usavano certificati di residenza o contratti di lavoro falsi, garantivano corsie preferenziali scavalcando persone da più tempo in lista di attesa.
Della falsificazione dei documenti necessari per la richiesta di di permesso di soggiorno si occupava anche Ahmedi Khemisti, detto «Zidane», un algerino arrestato nel novembre del 2018 dalla polizia locale perché trovato in possesso di migliaia di documenti falsi in un locale di Poggiomarino.
I poliziotti indagati erano perfettamente consapevoli delle illegalità che commettevano, come si evince dalle numerosissime intercettazioni telefoniche e ambientali, e periodicamente sostituivano i telefonini dedicati che usavano per tenersi in contatto. Nelle loro conversazioni usavano spesso un linguaggio in codice, cui il gip dedica un paragrafo dell’ordinanza, ritenendolo «una testimonianza dell’esistenza di un’associazione a delinquere»: «Te ne metto uno per mangiare la pasta al pomodoro per lunedì pomeriggio, capito?»; «Fuori sta nevicando»; «Mangiamo la mozzarella».
Gli investigatori I pm Maresca e Di Mauro stanno valutando la posizione di altri funzionari
I pm Catello Maresca e Mariella Di Mauro, titolari dell’inchiesta, stanno ora approfondendo la posizione di altri funzionari dell’Ufficio immigrazione citati dagli indagati nelle loro conversazioni. Si intende approfondire, in particolare, alcune fughe di notizie potenzialmente molto pericolose.