Corriere del Mezzogiorno (Campania)
ASCANIO CELESTINI «RACCONTO BARZELLETTE»
L’attore e scrittore presenta il suo libro a «Un’altra Galassia al Madre» «Ne ho scelte circa 500, ma non faccio una raccolta alla Totti Preferisco costruire una storia al cui interno si dipanano le altre»
«La sai la differenza tra la fidanzata, l’amante e la moglie? Dopo aver fatto l’amore la fidanzata alza gli occhi, sospira e dice: – “Ti amo”. L’amante invece sospira, alza gli occhi e ti dice: – “Sei grande”. E la moglie? Non sospira, ma anche lei alza gli occhi. Poi dice: – “Beige… Il soffitto lo farei beige!”». Questa è una delle storielle che danno vita a «Barzellette», il nuovo libro di Ascanio Celestini, edito da Einaudi. Una raccolta che l’attore e scrittore romano presenterà stasera alle 20 nel cortile del Museo della Fondazione Donnaregina per la rassegna «Un’altra Galassia al Madre».
Come è nata l’idea di questo libro?
«Le barzellette sono le ultime testimonianze di letteratura orale, un argomento a me caro. In più mi intriga il fatto che a “scriverla” è proprio chi la racconta, elaborandola a modo suo. Nel libro io ne inserisco circa 500, ma non faccio una raccolta alla Totti, pur con tutto il rispetto. Preferisco costruire una storia al cui interno si dipanano poi le tante barzellette, per intero o per frammenti».
E il filo conduttore?
«Un ferroviere assunto da un capostazione proprio per condividere con lui il maggior numero di storielle. Un po’ come Einaudi, che mi ha chiesto di pubblicare quelle che avevo raccolto in tanti anni, pur non essendoci intenzioni
autobiografiche».
Ci sono delle ricorrenze nelle trame, al di là dei luoghi d’origine?
«Quella dei protagonisti di nazionalità o regionalità diverse e che da noi ha trovato anche la versione legata ai carabinieri. Storie in cui c’è lo sciocco, che è poi anche furbo come nella tradizione del Pulcinella o del Giufà, che varia di volta in volta. Per i francesi può essere il belga, per gli inglesi il gallese, per i popoli mitteleuropei il polacco e così via. Un umorismo bonario che proietta l’ironia su chi è più vicino. Altro è il tono usato sul “diverso”, l’emigrato, lo zingaro, l’ebreo, che si trasforma in umorismo razzista».
Ma è lecito raccontare barzellette così?
«Credo che gli unici a poterlo fare siano proprio i destinatari di quelle battute. Un modo per stemperare i significati violenti di quelle storie».
Le barzellette hanno una scadenza?
«In genere si rigenerano modificando i contesti e i protagonisti. Per esempio passando da Craxi a Berlusconi a Salvini. Altre volte è più difficile aggiornarle e diventano citazioni storiche come con quelle sulla vecchia Urss.
E quelle sul sesso? «Continuano ad esserci in un quadro di generale diminuzione del fenomeno “barzellette”. Eppure il punto di vista resta quello di una cultura maschile e tutto sommato cattolica. I tradimenti, per esempio, vedono sempre protagoniste le donne e non il contrario».
C’è tanta materia anche per uno spettacolo. Lo farà? Al Madre ne darà un assaggio?
«Lo spettacolo debutterà a Roma in novembre e poi girerà. Per stasera, vedrò come va, forse ne racconterò alcune all’interno di un ragionamento più complessivo”.