Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Pompei, 70 vulcanologi contro i metodi di scavo
Appello a Bonisoli: gli strati lavici non vanno distrutti
Settanta vulcanologi italiani e stranieri firmano una ferma protesta contro il metodo di scavo a Pompei attuato dal riconfermato soprintendente Massimo Osanna.
NAPOLI
Settanta vulcanologi italiani e stranieri si aggiungono alla ferma protesta del presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, professor Carlo Doglioni, contro il metodo di scavo a Pompei attuato dal riconfermato soprintendente Massimo Osanna. Metodo che danneggia la vulcanologia, scrisse il presidente Invg al ministro Bonisoli, al quale giunge ora anche l’appello sottoscritto da una larghissima rappresentanza scientifica, inclusi studiosi italiani che lavorano presso prestigiose istituzioni internazionali, e vulcanologi stranieri che studiano vulcani italiani.
L’appello è accompagnato da una lettera firmata da Roberto Scandone (Università Roma Tre) e Mauro Rosi (Pisa) portavoce del gruppo, che precisano le richieste: «Vulcanologi e geologi siano ammessi agli scavi in corso e futuri al fine di poter osservare i prodotti dell’eruzione e il loro impatto sul territorio. Lo studio delle eruzioni soprattutto quelle esplosive, è il fine della vulcanologia per la mitigazione dei rischi e può avvenire solo attraverso la testimonianza dei prodotti vulcanici». Si chiede di conservare «blocchi di prodotti vulcanici originali affinché il visitatore e il futuro vulcanologo possano rendersi conto di cosa sia avvenuto… I prodotti vulcanici sono testimonianza culturale almeno quanto i calchi delle vittime; gli uni senza gli altri non possono raccontare la vera storia». Quella del 79 d.C. «è stata la prima eruzione esplosiva documentata nella storia e la possibilità di creare un geosito non va irrimediabilmente distrutta».
L’appello dei 70 vulcanologi si apre con l’adesione piena alle motivazioni espresse dal presidente Ingv nella lettera di febbraio dove di precisava che i materiali di scavo (attualmente asportati e dispersi alla ricerca di corpi per farne spettacolari calchi) contengono invece «uno sterminato patrimonio di informazioni... Una lezione di protezione civile, di come salvarsi, di cosa fare e non fare in caso di eruzione». È attiva la collaborazione della Soprintendenza pompeiana con Dipartimenti di archeologia italiani e stranieri, mentre «la presenza di colleghi vulcanologi è limitata (…) la loro non quotidiana presenza fa rischiare la perdita di osservazioni e dati (…) cancellati dalla rimozione dei materiali di scavo». Il ministro non ha ancora risposto alla prima lettera del presidente Ingv; silenzioso anche Osanna, che lunedì alle 17 presenterà nell’Aula Magna della Federico II il libro suo e di Renata Picone Restaurando Pompei.
Fra i firmatari dell’appello troviamo i nomi di protagonisti della ricerca vulcanologica e della protezione civile come Franco Barberi, Giuseppe Luongo, Francesca Bianco (attuale direttore dell’Osservatorio Vesuviano), Christopher Kilburn (Londra), Katharine Cashman (Bristol), Joan Marti (Barcellona), Costanza Bonadonna (Ginevra), Patrick Allard, Jean Claude Tabguy (Parigi), Lucia Gorioli (Clermnt-Ferrand) nonché vulcanologi e docenti universitari di Pisa, Firenze, Napoli, Milano, Roma, Cagliari, Catania, Siena, Bologna.