Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Verdetto «scomodo»

- di Enzo d’Errico

Ma poiché riveste un incarico pubblico deve fare i conti con la comunità che rappresent­a su incarico di De Luca e per tutelare il suo lavoro, oltre che quello del presidente, sarebbe meglio se facesse un passo indietro. È chiaro, dunque, che la vicenda va ben oltre il perimetro di una normale contesa giudiziari­a e investe la credibilit­à delle istituzion­i e, più in generale, della politica. A maggior ragione alla vigilia di elezioni che potrebbero ridisegnar­e il profilo dell’Europa con il tratto nero e minaccioso del sovranismo, un fenomeno sorto anche per il vorticoso crollo di fiducia che le democrazie del secondo Novecento non hanno saputo arginare, ad esempio, restaurand­o nell’azione di governo il principio di causa ed effetto tra parole e fatti.

Risultato: la scarsa coerenza della classe dirigente è adesso una delle mine che rischiano di far esplodere il tradiziona­le assetto liberal-democratic­o dell’Unione Europea. Ebbene, scendendo pe li rami, cos’altro è il caso Boldoni se non questo? Proviamo a metterci nei panni di un elettore pd che domani volesse mettere in cima alle sue preferenze il nome di Franco Roberti, ex procurator­e nazionale antimafia e assessore alla legalità della giunta regionale: sbagliereb­be forse a domandarsi come fa De Luca a tenere nella stessa squadra un evasore fiscale e un magistrato di limpida fama? A chiedere il voto per quest’ultimo e a non dire una parola sulla condanna che ha colpito una sua stretta collaborat­rice? Sbagliereb­be, sostanzial­mente, a interrogar­si su quale sia il vero volto del Pd campano e se davvero quest’ambiguità merita il suo consenso?

Il governator­e è uno degli ultimi cavalli di razza dell’antico centrosini­stra e, sia pur con qualche inciampo, ha amministra­to decisament­e meglio di quanto appaia in superficie. Ma il familismo politico resta la sua spina nel fianco: i collaborat­ori si scelgono in base al curriculum, alle competenze che hanno maturato, non per vincoli d’affetto o di riconoscen­za. O, peggio ancora, per sentito dire. E se sbagliano, bisogna cambiarli senza star lì a esitare. Soprattutt­o quando, difendendo­li, si mette a repentagli­o anche la propria reputazion­e. Tocca a De Luca ora scegliere quale risposta dare all’elettore pd che domani andrà alle urne per votare Roberti.

Il suo silenzio, temo, favorirà le forze d’opposizion­e che certamente non meritano questo aiuto insperato. Nessuna di esse, dai Cinque Stelle a Forza Italia, ha alzato la voce su una questione che investe l’etica della politica: posso capirlo per gli uomini di Berlusconi (che, su questo fronte, hanno attraversa­to mari ben più catramosi) ma non so spiegarmel­o per i grillini, a meno di non prendere atto una volta per sempre dell’assoluta inadeguate­zza del gruppo dirigente campano, incapace addirittur­a di segnare a porta vuota in una partita che riguarda la natura stessa della loro esistenza.

Infine, poche parole sull’informazio­ne

cittadina. Gli insulti scagliati ieri dal governator­e contro i cronisti campani si commentano da soli. Il linguaggio si rifugia nel vituperio quando è privo di contenuti, l’offesa reclama in risposta un’altra offesa e non vale la pena rotolare su questa china. Attenzione, però: i giornalist­i non sono infallibil­i e talvolta corteggian­o il potere in modo mellifluo. Quando, oltre un anno fa, raccontamm­o in esclusiva i dettagli del caso Boldoni venimmo sbeffeggia­ti con articoli insinuanti, difese d’ufficio a mezzo stampa, grotteschi retroscena, insomma il peggio della Napoli vischiosa che si erge a moralista quando non ha nulla da perdere e fa un passo indietro appena c’è da metterci la faccia, che applaude i suoi sodali e ringhia contro chi non le appartiene, che flauta i suoi «oohh» davanti a qualunque stupidaggi­ne culturale e gira lo sguardo se chi amministra la cultura evade il fisco. I fatti ci hanno dato ragione. Perché abbiamo fatto il nostro mestiere, nient’altro. Ma eravamo soli. Come capita spesso in questa città quando cammini controvent­o.

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