Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Petrella e l’hard boiled in versione napoletana
Torna Denis Carbone, il poliziotto «duro e puro» in una Napoli livida e nera
Solitario, cupo, con un innato e talvolta assai personale senso della giustizia: per il ruvido Denis Carbone non si può non provare una sincera simpatia, insieme a una sottile insofferenza.
Il poliziotto duro e puro, nato dalla versatile penna di Angelo Petrella, incarna la versione contemporanea dell’eroe hard boiled, nello scenario livido di una Napoli fredda e inospitale. Ora arriva in libreria la nuova puntata della serie di cui è protagonista, con il titolo La notte non esiste, per le Farfalle Marsilio. Ritroviamo Denis quattro mesi dopo la vicenda raccontata nel romanzo precedente, un po’ più ammaccato nel fisico e nell’anima ma tuttavia pronto a ricominciare: è quasi riuscito a disintossicarsi dall’alcol e dalle tossine di un amore perduto. Il crimine nel quale il poliziotto si imbatte stavolta è ancora più brutale del precedente: qui ci sono in ballo bambini seviziati, sette segrete e infiltrazioni a tutti i livelli delle istituzioni. Carbone deve guardarsi le spalle e non sempre ci riesce.
Petrella sembra avvertirci: il crimine e la violenza sono ovunque, anche molto più vicini a noi rispetto a quanto potremmo immaginarci. E questa prospettiva serve allo scrittore anche nell’organizzazione del racconto, come espediente per rimescolare le carte e arricchire la storia di colpi di scena. Del resto, che Petrella si diverta un mondo a inventare ardimentose macchine narrative è cosa ormai evidente, così come è acclarata la sua perizia nel passare da un genere all’altro, utilizzando registri assai differenti. Quan
do si muove nel territorio del noir e del poliziesco, l’autore napoletano smussa spesso la durezza del discorso con lo strumento dell’ironia, giocando con sapienza con gli stilemi del genere. Così, ad esempio, il giovane Carbone viene descritto come un ragazzo che si preparava «a sbranare la vita». Poi la vita stessa ha bloccato la sua energia, facendolo inciampare in una tragedia familiare irrisolta. La soluzione più facile l’investigatore l’ha cercata nell’immancabile bicchiere di Macallan. Le figure e le situazioni tipiche del poliziesco americano ben si adattano allo scenario scelto da Petrella, in controtendenza rispetto sia allo stereotipo della città solare e felice, ma anche a quello della Napoli dei bassifondi, dei quartieri periferici ostaggio della camorra. Denis Carbone si muove tra Lago Patria e dintorni, in una terra di nessuno abitata da immigrati e da gente che stenta a tirare avanti. Una periferia anonima, grigia, con i suoi bar che ricordano quelli dei sobborghi americani più sordidi. E anche quando Napoli è riconoscibile, si offre all’occhio del lettore da un punto di vista insolito, come nel caso del Virgiliano scempiato dei suoi alberi. O del Centro Direzionale, progettato negli anni Ottanta da Kenzo Tange, «convinto che Napoli fosse una metropoli occidentale come tante. Ma si sbagliava. Era più antica dei samurai e più violenza della yakuza, perché aveva assimilato prima di ogni altra città le leggi del profitto, e aveva svenduto la propria tradizione per una manciata di spiccioli». Per Denis Carbone (e per i napoletani), il futuro ha colori incerti.