Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Un crepuscolo a tinte forti
L’amore non può cambiare il destino dell’amato: se è scritto che deve perdersi, l’amato si perderà. Succede anche al regista vero (Almodóvar) e a quello marcatamente rappresentato (Banderas). Allo stesso tempo il cinema non può rendere l’assoluto: ci sono profondità a cui può arrivare solo negandosi, cioè ricorrendo alla voce fuori campo (propria delle sceneggiature difettate) o all’animazione (che qui spunta per rendere, oltre gli acciacchi fisici, quelli più complessi della mente). Dolor y gloria è l’autobiografia di un crepuscolo esistenziale e professionale. Un po’ come lo fu Biglietto scaduto per Roman Gary. Solo che in quel precedente, nel romanzo e poi nella vita, finì male, con un omicidio-suicidio. Qui invece la storia continua. Ma sia chiaro, dice Almodóvar: nella realtà come nella fiction, la vita resta inafferrabile. L’amore e il cinema possono al massimo riannodarne qualche filo, di quelli che si scoprono maturando e invecchiando. Di questi fili, qui se ne riannodano però troppi. Per cui, complice un caso che sembra un orologio svizzero, tutto emotivamente si tiene, fino a toccare il limite autoimposto del melodramma (la lacrimuccia che bisogna saper trattenere). E tutto geometricamente ritorna: il primo amore, il primo desiderio, e perfino l’uovo primordiale, quello utilizzato dalla madre per rammendare i calzini. Il momento clou del film è quando i due amanti si ritrovano dopo decenni. Il loro bacio omosessuale, che per intensità probabilmente passerà alla storia del cinema, non segna né l’inizio di una nuova passione né la definitiva archiviazione di quella passata. Semplicemente, suggella il salto salvifico dalla nostalgia distruttiva alla consapevolezza senile. La vita è passata, ma il biglietto non è scaduto, insomma. Dell’Almodóvar spumeggiante degli esordi, restano i colori accesi. Che ora hanno una funzione in più: compensano l’azione che non c’è (si muovono i sentimenti, non i personaggi) e una certa nota patetica. Pardon, poetica.