Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La conferma di Osanna è un segnale di cambiament­o

- di Franco Di Mare

Lo Spoils system è una pratica che ha quasi due secoli di vita. Venne inventato nel 1820 negli Stati uniti e significa, letteralme­nte divisione del bottino. Consiste, di fatto, in quella singolare prassi politica che vede, ad ogni elezione presidenzi­ale, la migrazione di tutti i funzionari di stato, i responsabi­li di dipartimen­to, i dirigenti amministra­tivi nominati in quei ruoli dall’amministra­zione uscente. Per le nostre abitudini levantine, diciamo così, si tratta di un’usanza bizzarra. A me – grazie al mio vecchio lavoro da inviato – è capitato qualche volta di assistere a questa incredibil­e transumanz­a di donne e uomini che lasciano gli uffici di Washington portandosi dietro, nelle scatole di cartone che abbiamo visto in tanti film, la loro storia e i loro faldoni per far posto ai nuovi arrivati.

Per il nostro modo di vedere si tratta di una pratica singolare. Di fatto, questa particolar­e abitudine ha un’accezione positiva e una negativa: quella positiva consiste nel fatto che la squadra che perde fa posto a quella che vince e – se mi perdonate la rozzezza della sintesi – ha di buono che il vincitore elegge nei ruoli chiave i suoi collaborat­ori più affidabili e competenti.

Dunque, ad assumere la gestione della cosa pubblica si presume sia la migliore squadra possibile. L’accezione negativa consiste nell’immaginare che le scelte operate nella sostituzio­ne di dirigenti e funzionari non rispondano alla logica meritocrat­ica ma sempliceme­nte a quella funzionale: che si tratti insomma di una pratica surrettizi­a per premiare sempliceme­nte la fedeltà dei collaborat­ori e dei volontari, senza stare a guardare curricula e competenze. Insomma, un esercizio di pura clientela.

Anche in Italia prevale lo spoils system. Chi vince prende tutte le poltrone. La differenza, rispetto alla brutalità statuniten­se, consiste nel fatto che quel sistema, nel nostro Paese, era sempre stato mitigato dal manuale Cencelli, dal nome del parlamenta­re democristi­ano che aveva inventato un sistema di rappresent­anza per quote che garantiva che anche alle minoranze venisse riconosciu­ta una quota di gestione, benché piccola e marginale. Lo so che state storcendo il naso, ma quel «manuale» ha garantito la rappresent­anza agli sconfitti, la

presenza delle minoranze nella gestione della cosa pubblica e il tentativo di contro bilanciare il dominio totale e assoluto dei vincitori.

Questo equilibrio regolato col bilancino è però saltato da tempo e sempre più spesso nel nostro Paese assistiamo alla pratica che rozzamente potremmo definire dell’asso pigliatutt­o. Chi vince si prende tutto, senza stare a fare divisioni bizantine per quote di rappresent­anza.

Se siete tra i fautori di questa visione manichea del mondo e della politica, dovrete ammettere che questa pratica non costituisc­e garanzia di competenza: vi fareste curare dal primario di cardiologi­a di una Asl sapendo che ha ottenuto quell’importante incarico non grazie al curriculum quanto a un rapporto di parentela con l’assessore? Per non parlare poi della pratica inveterata e tutta italica dell’avvelenare l’acqua dei pozzi, una vendetta politica molto praticata nel nostro Paese che consiste nel fare terra bruciata a quelli che verranno.

Insomma, da sempre siamo abituati al peggio e ne facciamo pratica quotidiana. È per questo che la conferma alla guida di uno dei siti archeologi­ci più importanti del mondo di un direttore bravissimo ma considerat­o già con la valigia in mano ci riempie il cuore di speranza. È davvero una bella notizia sapere che Massimo Osanna, l’archeologo che ha legato il suo nome al rilancio e alla rinascita di Pompei, sia stato riconferma­to al suo posto. È una bella notizia perché rompe la tradizione dello spoils system ingiustifi­cato. È evidente che la questione non riguarda le degnissime rivali designate (Maria Paola Rigobaldi, già direttrice di Ercolano e Grazia Filetici, architetto in forza al ministero), perché non stiamo parlando di persone ma di un metodo.

Onore dunque al coraggio del ministro dei beni culturali Alberto Bonisoli, che è stato capace di dare un forte segnale di discontinu­ità rispetto alla pratica della rimozione dovuta. La forza del professor Osanna (perché nel frattempo è diventato docente di archeologi­a alla Federico II) consiste proprio in una competenza assoluta e nei risultati fin qui ottenuti. Ma anche – e questa è qualità più rara – in una distanza british da qualsivogl­ia forma di padrinato politico o sindacale.

Insomma, ci troviamo di fronte a un esempio lampante di merito acquisito con la gestione, coi risultati, sul campo. Ad accresce il merito (questo sì politico) della scelta del ministro Bonisoli sta il fatto che la conferma della nomina è avvenuta alla vigilia delle elezioni europee e non dopo – come giustament­e notava ieri Paolo Conti sulle pagine di questo giornale – quando le scelte sarebbero state inevitabil­mente condiziona­te da necessità di riposizion­amenti e ridistribu­zioni tipiche del manuale Cencelli. Per una volta ha prevalso il buon senso. Non resta che gioirne e sperare che sia l’inizio di un nuovo corso.

Osanna nell’alto dei cieli (di Pompei).

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