Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’Europa «nutre» il Sud: 2.300 euro a ogni cittadino
Da Svimez a Confindustria e sindacati: un’occasione sprecata
Sprecati (non poco spesso, purtroppo) o ben spesi, comunque si tratta di una formidabile quanto fondamentale iniezione di reddito. E che reddito: 2.248,5 euro per ognuno dei quasi 21 milioni di residenti nel Sud, neonati compresi. Soltanto l’ultimo quadro comunitario di sostegno, della durata di sette anni — dal 2014 al 2020 — sta facendo piovere sul Mezzogiorno d’Italia, il dato è ancora di fonte Svimez, più di 46,5 miliardi di euro.
Sprecati (non poco spesso, purtroppo) o ben spesi, comunque si tratta di una formidabile quanto fondamentale iniezione di reddito. E che reddito: 2.248,5 euro per ognuno dei quasi 21 milioni di residenti nel Sud, neonati compresi. Soltanto l’ultimo quadro comunitario di sostegno, della durata di sette anni — dal 2014 al 2020 — sta facendo piovere sul Mezzogiorno d’Italia, il dato è ancora di fonte Svimez, più di 46,5 miliardi di euro.
Risorse comunitarie e relativo cofinanziamento nazionale (nell’ordine di due terzi e un terzo), che significano diversi punti di Pil — meridionale, ovviamente — e rappresentano un evidente moltiplicatore di spesa. Tra opere pubbliche di varia natura, infrastrutture, consulenze e attività collegate all’utilizzo dei finanziamenti prima citati, per giunta, sono migliaia e migliaia le persone, sudisti per meglio dire, che vivono d’Europa.
Eppure proprio qui, nel Mezzogiorno, il futuro del vecchio continente è stato il tema probabilmente più assente in una campagna elettorale — chiusa ieri — che ha (ri)proposto i soliti litigi attorno ad argomenti decisamente lontani dalla ragione per cui domani si apriranno le urne. Ovvero eleggere il nuovo Parlamento con sede a Strasburgo.
«I meridionali — sostiene Luca Bianchi, che di Svimez è il direttore generale — dovrebbero essere europeisti o perlomeno più europeisti. Se non altro per una ragione pratica ed economica al tempo stesso: in questa fetta di Ue ricadono molte più risorse di quante ne vengono erogate dal nostro Paese». Nel Centronord, precisa Bianchi, i fondi strutturali impattano per circa 637 euro procapite. Meno, molto meno che qui. «Motivo per il quale, nell’Italia di mezzo e settentrionale,
piuttosto che discutere di nuovi orizzonti delle politiche continentali si preferisce puntare sulla cosiddetta autonomia differenziata, approdo assai atteso da quelle parti. Al Sud, di contro, si resta prigionieri di un difensivismo sterile e talvolta controproducente».
Anche per Confindustria la campagna elettorale appena terminata è stata poco, «troppo poco orientata sull’Europa». Per Vito Grassi, presidente degli imprenditori campani e napoletani «queste settimane sono andate avanti tra battibecchi e posizionamenti tattici che con il core business del voto ben poco avevano e hanno a che vedere. Un peccato, perché sul rapporto con l’Ue, soprattutto dalle nostre parti, andava aperta una riflessione seria. Bisognava confrontarsi su questo invece che su altri (talvolta futili) argomenti». Sulla medesima linea Giovanni Sgambati, leader della Uil regionale e partenopea («tra l’altro il nostro Luca Visentini è stato confermato ieri alla guida della confederazione europea dei sindacati»): è stata «un’occasione persa. Responsabilmente noi rappresentanti dei lavoratori, d’intesa con gli industriali, abbiamo chiesto di discutere nel merito attraverso un protocollo e tanto di appello al voto. Caduto nel vuoto». E ancora: «Speriamo — chiosa Sgambati, che in questo caso parla a titolo personale — almeno di portare a Strasburgo figure di rilievo come l'ex procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti».
Insomma, secondo aziende e sindacati nella discussione politica di questi giorni l’Europa è stata la vera grande assente.