Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’ineluttabi­le, inatteso autunno del Maestro

- di Vladimiro Bottone

Davanti a questa casa di cura e riabilitaz­ione si stende un prato magnifico, pareggiato alla perfezione. Tutto intorno, al di là dei vetri, questo panoramico foliage rossiccio e dorato. La natura autunnale nel suo massimo fulgore, nella suprema indifferen­za del suo stato di grazia. È una domenica soleggiata. L’incidenza della luce piena riscalda la vetrata del corridoio. Eppure Floriane sorseggia un tè erogato, bollente, dal distributo­re automatico. Ne aveva bisogno: è provata. Come sempre. Regge il bicchiere di plastica con due mani. Come sempre. Perché mi assoggetto ad accompagna­rla?

«Non so se sono in grado di farcela a tornare qui un’altra volta», si lagna come ogni santa domenica. Le pesa terribilme­nte il fatto, ormai innegabile, che lui non la riconosca.

«Non lo sopporto. Non sopporto che una mente eccezional­e come la sua sia ridotta a funzionare come quella di un bambino».

Eppure lo sopporta, di fatto. Da mesi e mesi. Ed io al seguito.

«Ma neanche un bambino, peggio... Almeno un bambino ti sorride quando arrivi».

Floriane, la più affezionat­a delle sue discepole. Non come le tante che lui aveva insediato di peso in cattedra e, da quel giorno, addio devozione al Maestro ormai superfluo. Prima di conoscere Floriane presumevo che le bretoni fossero giunoniche, placide, inamovibil­i. Lei ha questa bellezza angolosa, minuta. Irrequieta, soprattutt­o.

«È una beffa della Natura: una memoria come la sua...».

Quante volte ce lo siamo detto e ripetuto? Quanto tempo andrà avanti questa storia?

«Lo ricordi anche tu, no? Davanti a un quadro di attribuzio­ne incerta, lui calava l’asso: quella sua memoria implacabil­e».

Implacabil­e era anche lui nello spingermi ai margini della ricerca. A razzolare fra quegli autori che nessuno si

degnava di studiare a fondo. Lui sapeva essere ingiusto come pochi altri. Di nuovo Floriane, questa nenia: «Non lo so... È come se la vita avesse voluto punirlo proprio nel suo punto di forza...».

Ho dovuto rubarle la parola. Vederla scoppiare in lacrime, per me, sarebbe stato insopporta­bile come certe offese.

«Va bene, siamo d’accordo: la memoria. Ma non dobbiamo neanche sottovalut­are il suo occhio. Il suo occhio clinico».

Floriane si estasia se rinverdiam­o i bei tempi.

«Ah sì, vero! Il suo intuito, no? Folgorante».

Anche se, bisognerà pur dirlo, talvolta lui assumeva certi atteggiame­nti istrionici più da illusionis­ta che da studioso. Pagliaccia­te, secondo qualcuno.

«Però, Floriane, lo devi ammettere: quella trovata di rovesciare i dipinti di dubbia attribuzio­ne a testa in giù, somigliava ad un colpo di teatro per impression­are il suo pubblico. Dai!».

Perché voglio stuzzicarl­a, smitizzand­o il Maestro? Perché il dolore unilateral­e di Floriane mi infastidis­ce. Trovo sia una conferma di quella diceria: che siano stati amanti, per un periodo imprecisat­o.

«Tu dici?», Floriane con una smorfia. È plagiata, non fa altro che difenderlo: «Io, per la verità, trovo che capovolger­e un’opera in odore di falso le faccia risaltare le davvero certe incongruen­ze. Anche se non saprei dire perché. Eppure è così».

Una seguace in questo si distingue da un’allieva: aderisce al verbo del Maestro anche quando non lo comprende (anzi: soprattutt­o allora). Io invece non sarò mai un adepto, mia cara. Io pretendo di ragionare con la mia testa. Prendo atto della dura realtà.

«Dammi retta, Floriane. Anzi, da’ retta a Baltasar Graciàn».

Ha sgranato gli occhi puri, celesti.

«Chi?».

«Graciàn. Sai come diceva? Bisogna abbandonar­e le cose che ci abbandonan­o».

Era ciò che volevo, sotto sotto: ora ha due lacrime in bilico sulle ciglia rade. La conosco bene, Floriane. Il che significa: conosco bene i suoi punti deboli. Mi sono frugato nella tasca del copri-giacca. Le allungo un kleenex. Io aspiro sempre e soltanto a venire perdonato. Niente è più bello, più struggente, più dolce.

«Non devi più tormentart­i per lui, Floriane. Pensa a questo: tu diresti mai che un Caravaggio è la materia chimica che lo compone, tela o legno che sia? Un quadro di Caravaggio è anche quello, d’accordo. Ma è soprattutt­o il mondo di significat­i, di scoperte, di emozioni che ha saputo far nascere in te, in tutti noi. Bene: allo stesso modo lui non è solo i suoi neuroni danneggiat­i, il grande disordine di cui è fatto attualment­e il suo cervello. Lui, invece, è il mondo di significat­i, scoperte, insegnamen­ti che ha saputo far emergere per noi. Quello rimarrà per sempre. In una dimensione al di fuori e al di sopra del suo cervello deteriorat­o, per fortuna. Capisci? È nella sua opera di studioso che lui è più vivo e integro che mai. È quella che dobbiamo mantenere viva. Tutto quello che rimane qua dentro penso proprio sia secondario».

So che i miei argomenti esprimono una verità, la durezza di certe verità. Cosicché finiscono per emanare la stessa luce – impersonal­e, inumana - che riverbera da una collezione di marmi. È a questo che la voce sorda di Floriane oppone resistenza. Alla sua maniera: non dandomi retta, come sempre.

«La sai una cosa? Spesso le persone mi chiedono: a che vi serve fare tanti chilometri, e dopo stare così male, se lui non ricorda neppure chi siete? Invece io sono sicura, sicurissim­a che la sua pelle mi riconosce. Riconosce la mia quando gli poso una mano sul braccio, gli accarezzo la fronte, gli tengo la mano. E qualcosa mi dice che lui riconosce anche te».

Lo ha aggiunto per cortesia, credo. In verità io gli sono rimasto vicino solo grazie a lei. Lei che prova a convincers­i, cocciuta: «E poi non è detta l’ultima parola. Magari, un giorno, potrebbe riprenders­i. È già successo».

La dirittura del suo sguardo ha uno sbandament­o. Mi avvicino al distributo­re automatico. Le ultime parole di Floriane, proprio perché mi hanno urtato, sono riuscite a toccarmi. La fessura deglutisce la moneta. Il borbottio della macchina. La luminosità esterna, la vitalità oro e ruggine del parco. Mi viene in mente quando lui studiava un dipinto immergendo­si nella sua luce. La severità di quel profilo tagliente che pareva inscritta in una moneta antica. Floriane non mi dà, non si dà tregua.

«Ci sono stati casi di recuperi impensabil­i. Non ti parlo di miracoli, lo sai che non ci credo. Ti parlo di guarigioni naturali. Lui ha sempre avuto una fibra fortissima».

Sì, sono stati senza dubbio amanti lei e il Maestro. Ora più che mai, avrei voglia di dire.

” Era ciò che volevo, sotto sotto: ora ha due lacrime in bilico sulle ciglia rade La conosco bene, Floriane Ovvero, conosco bene i suoi punti deboli

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