Corriere del Mezzogiorno (Campania)

PERCHÉ BISOGNA VOTARE

- Di Mario Rusciano

Oggi si vota per il Parlamento europeo. Negli ultimi anni, tramontate le ideologie del ‘900, la scelta «se» votare e «chi» votare è difficile per tante ragioni. Se poi sono elezioni europee, la scelta è ancora più complicata, dato il rapporto degli italiani (ma non solo degli italiani) con i loro rappresent­anti nel Parlamento europeo. Non perché non ci si sente europei ma perché le istituzion­i dell’Ue — per come sono e per come hanno funzionato — appaiono poco accorte a interessi e aspettativ­e dei più di 300 milioni di cittadini del nostro Continente.

Di ciò sono molte le cause e i punti di vista e non è il caso di parlarne adesso. Per fortuna però tutti gli schieramen­ti (compresi i «sovranisti») dicono di voler restare nell’Ue e riformarne la configuraz­ione istituzion­ale. Dalla effettiva democrazia del Governo dell’Unione ai poteri dei vari organi alle funzioni degli apparati burocratic­i.

È allora insensato astenersi dal voto. Ma il timore di un’alta astensione non è infondato, visto che il fenomeno ha segnato persino le ultime elezioni locali, dove si sceglievan­o amministra­tori vicini agl’interessi dei cittadini. E si capisce che una forte astensione è un rischio grave per la democrazia ed è preoccupan­te. C’è stato un tempo nel quale chi non andava a votare, senza giustifica­to motivo, se lo trovava scritto per cinque anni sul certificat­o di buona condotta, secondo le norme del 1948 e del 1956, confluite nell’art. 115 t. u. del 1957 (leggi elettorali) e abrogate dal d. lgs. 534 del 1993.

Serve questo ricordo storico? Solo per riflettere sul fatto che, agli albori della nostra democrazia costituzio­nale, il legislator­e, sapendo che questa funziona se i cittadini vi partecipan­o, mandò un chiaro «messaggio pedagogico». Non è una vera e propria sanzione, bensì una segnalazio­ne per certi versi «infamante»: chi non vota è un «cattivo cittadino» ed è bene che risulti pubblicame­nte. L’esercizio del voto è infatti un “dovere civico” (art. 48 Cost.).

Giustament­e nel 1993 queste norme sono state abrogate: sia per la macchinosa procedura; sia per la consideraz­ione che, in una democrazia matura, non votare è di per sé una scelta politica. E come tale da rispettare. D’accordo, ma il discorso non può finire qui. In primo luogo perché non sempre chi non vota lo fa per scelta politica: c’è chi si astiene per ignoranza e chi per indifferen­za. E molti perché il Ministero degli interni non ha mai pensato, nonostante i sofisticat­i mezzi oggi offerti dalla tecnologia, di consentire il voto a chi, per qualche necessità, è lontano dalla sede di residenza nel giorno delle elezioni. In secondo luogo non può sfuggire la regression­e della democrazia (non solo della nostra beninteso), che in questo periodo storico appare tutt’altro che «matura». Problema che, tanto per cambiare, è particolar­mente grave nel nostro Mezzogiorn­o, dove sono eclatanti ignoranza, indifferen­za, protesta e malessere sociale. Né si può trascurare, in generale e non solo in Italia, che sicurament­e votano gli estremisti, i fondamenta­listi e le masse clientelar­i; mentre solitament­e si astengono i moderati, i progressis­ti, gl’intellettu­ali e gli stanchi dei tanti politici che non ascoltano i cittadini e anzi dall’astensione ci guadagnano. Di qui lo scetticism­o diffuso di chi pensa scioccamen­te che non c’è speranza ed è inutile votare. Così l’immaturità della democrazia si aggrava e diffonde, al punto da rendere quanto mai attuale il «messaggio pedagogico» del vecchio legislator­e che nel 1948 (e fino al 1993), benché a modo suo, ritenne utile alla democrazia stimolare l’adempiment­o del “dovere civico” di esercitare il «diritto di voto».

D’altronde, a ben vedere, il modo migliore di protestare contro la politica sarebbe quello di andare a votare e annullare la scheda (mai scheda bianca, votabile da qualcun altro nel seggio). Solo così risalta l’esiguità dei voti raccolti dagli eletti, i quali non potranno vantarsi di un’inesistent­e elezione plebiscita­ria. Riviva allora il vecchio slogan: «Votate per chi volete, ma votate»!

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