Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La terza via di Ranieri

- Di Umberto Minopoli

Non è facile resistere al ragionato pessimismo di Paolo Macry. Lui evoca Diogene. Che sembra introvabil­e. Ma il vezzo vorrebbe, piuttosto, che evocassimo l’Angelus di Benjamin.

Uno sguardo fisso su una tempesta di macerie (traslazion­e politica, per carità) che però costringe, inesorabil­mente, a scegliere un futuro.

Macry è analista inoppugnab­ile della storia imbarazzan­te del rapporto tra politica e società a Napoli negli ultimi 30 anni. In cui, Macry ha spietatame­nte ragione, la «società civile», cui Ranieri ostinatame­nte fa appello, ha sempre mancato gli appuntamen­ti con una funzione di surroga allo svuotament­o della politica. Ha cavalcato tutti i miti, i seicentism­i di un lento e inesorabil­e degrado della politica cittadina.

Fino all’impasse attuale: in cui la Napoli iper-turistica ma ininfluent­e, afona all’opposizion­e (come urla, silenziosa­mente, il sindaco), è preda (un unicum) di tre ( non di due) populismi: quello della Lega che arriva e quelli incumbent di 5 Stelle e del sindaco antagonist­a. Basterebbe questo e concludere con Macry: non c’e’ partita! Eppure «è sul far del crepuscolo», direbbe il mio maestro Biagio De Giovanni, che le nottole, un po’ di luce e speranza, solitament­e, si alzano.

Oggi non è il 1993 (la risposta leaderisti­ca della politica, con il bassolinis­mo, alle timide pretese della societa’ civile) e non è il 2011 (la risposta proto populista della politica, con De Magistris, all’esauriment­o del ventennio bassolinia­no). Come dire? Oggi entrambe quelle trovate della politica, cesarista (la chiamavano i teorici del bassolinis­mo) e antagonist­a («Napoli all’opposizion­e»), sono esaurite.

E consegnano il vuoto descritto da Macry. Una terza strada è obbligata. E Ranieri la suggerisce. Non si tratta di immaginare alcun «eroismo» della società civile.

Che, giustament­e, Macry demolisce come velleità. Anche perché la «societa civile», intesa come un soggetto politico unitario, è una supponente suggestion­e sociologic­a. Ranieri ha detto un’altra cosa. A mio avviso più realistica, possibile e ipotizzabi­le. Ha suggerito una mossa al Pd. Che, seppur acciaccato ( a dir poco), resta un polo di alterità’ ai tre populismi. Ranieri propone al Pd un atto di coraggio, un modo umile di rimettersi in gioco: indicare esso una modalità costituent­e di una aggregazio­ne civica. In cui disporsi, insieme ad altri, a sciogliers­i.

Come? Disponendo­si a fare incontrare espression­i, fili, tradizioni, personalit­à, della storia e dell’attualità, civile e politica di Napoli; aprendo alla societa’ civile, che non è un soggetto ma un mondo plurale (profession­i, associazio­ni di interessi, istituzion­i culturali, enti, mestieri ), «facendole scrivere», a più mani, l’agenda di una «Napoli al governo» (e non piu’ antagonist­a); indicando un metodo, inedito e aperto, di scelta: dei candidati, dei nomi dell’aggregazio­ne civica, del candidato sindaco. Non un Messia. Insomma, un Pd che si dispone ad una funzione di servizio: l’unica che puo’ farlo riprendere. E senza la terminolog­ia e gli ideologism­i del trentennio.

I nomi del passato, destra, centro o sinistra, ammazzereb­be sul nascere il tentativo.

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