Corriere del Mezzogiorno (Campania)
IL SUD SI INTERPRETA COME UNA PERIFERIA
Di palo in frasca, il sottotitolo di un celebre saggio di Robert Musil sul naufragio dell’Europa sembra l’espressione più adeguata per dire qualcosa sul voto meridionale per il parlamento europeo. Semivuote le urne per le europee, a riprova di una avvertita lontananza, corretta solo, in certi casi, nel voto amministrativo, come se tutto ciò che avviene appena un po’ lontano dall’uscio di casa, cada nell’indifferenza, sia avvertito come estraneo. E poi una dispersione delle forze, anche qui come se non ci fosse più nessun centro, nessuna idea prevalente, insomma il voto di una periferia, una specie di spinta vaga verso qualcosa che non si sa che cosa sia.
Finita nel nulla l’egemonia dei Cinque stelle, pure ancora primi nel voto europeo meridionale, ma sembrano i residui e i ricordi di un trionfo pienissimo ottenuto appena poco più di un anno fa, oggi le retroguardie di un esercito in rotta, vedremo. E poi la demolizione dei medesimi Cinque stelle nel voto amministrativo, Avellino insegni, un divario che sembra dire: se ti penso in idea ancora ti dò qualche voto, ma se ti vedo di persona, in carne e ossa, allora proprio no, capisco che non è cosa. Il Movimento sembra stia diventando un’ astrazione, appare sempre più come campato per aria. La sua spinta eversiva sembra essersi ridotta, calmata, e non rimane altro.
Sulla dura terra meridionale è comparsa la Lega, in forma massiccia; come partito supera il Pd in Campania. Spesso seconda, dopo gli alleati. Ci si chiede: come mai? A me la cosa sembra un prodotto diretto dei Cinque stelle, un loro rovescio immediato, nel senso di un elettorato che, avendo aderito all’esperienza di governo, si accorge che non è stata abolita la povertà né la precarietà, come promesso, che il famoso reddito è talmente impastoiato nella burocrazia da non formare quell’apparizione salvifica che sembrava annunciare. Voti passati direttamente da Cinque stelle a Lega, la mano ferma del governo? Certo, la chiusura dei porti, il rigetto dei «neri» è importante, in una società penetrata dal tarlo della xenofobia rozza, ma i travasi ora ricordati sono il segno inconfutabile che nelle teste dei meridionali non esiste più una questione meridionale, che la questione del Mezzogiorno è scomparsa anche nelle teste e nei cuori di chi vive qui. La Lega, sotto Roma, appare un prodotto spurio, ma è nello spirito di questo tempo italiano, una bella Destra comandata da un animale-capo, con le sue appendici post-fasciste rivitalizzate.
Ricompare il Pd. A Napoli migliora molto rispetto agli ultimi voti. Non mi dilungo su questa ricomparsa, aspettiamo di capir meglio il suo progetto, per ora non sembra avere molte idee da mettere in campo, quasi un rifugio, un voto di attesa. La cosa più interessante mi sembra, più che la sua identità complessiva, ancora incerta, inespressiva, la sua capacità di vincere nelle città, Firenze, Bergamo e anche Bari, vittorie che sono la sua esistenza concreta. Il segno di una realtà urbana
da coltivare, certo. Aspettiamo il voto del 2020 sulla Regione Campania, sperando di assistere da noi a un raduno di forze in vista di un progetto meridionale.
L’insieme delle cose velocemente ricordate, le impressioni ricevute, mi fanno pensare che il Mezzogiorno si interpreti come una periferia, un luogo ormai politicamente residuale, disseminato di case senza servizi, uno spazio senza idee, un luogo affollato anche di tanta vita e anche vitalità, e perfino eccellenze, ma in attesa di qualcosa, e che provvisoriamente si attesta qua e là, di palo in frasca, secondo impressioni e percezioni….. Si dovrebbe aprire una battaglia culturale prima che politica, ma chi è in grado di farlo? Quali forze reali? Chi può risvegliare le nostre società dal loro sonno dogmatico? Chi è in grado di mostrare dal vivo che il dualismo italiano non esiste più, non perché superato, vinto, ma solo perché la mancanza di coesione dell’Italia nazione non è più un problema? Scomparso dalla scena politica?