Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il lutto al tempo dei social Posta la foto del padre sul letto di morte: atto d’amore
Il popolo del web si divide tra cordoglio e critiche
Dal buongiorno alla «buona morte». Sui social, alla narrazione più o meno autentica della vita, si affianca quella della morte. Ieri il sociologo delle comunicazioni di massa e produttore tv Max Boscia ha pubblicato sul suo profilo la foto del padre Ascanio, morto due giorni fa, a 97 anni. Il cadavere composto nel suo letto in giacca e cravatta accompagnato dal messaggio: «Ti voglio bene papà». Tanti like di cordoglio ma anche critiche: «È ostentazione della morte, gli hai mancato di rispetto».
Dal buongiorno alla «buona morte»: sui social, alla narrazione più o meno autentica della vita, si affianca quella della morte.
Ieri il sociologo delle comunicazioni di massa e produttore televisivo Max Boscia ha pubblicato sul suo profilo la foto del padre Ascanio, morto due giorni fa a 97 anni. Il cadavere composto nel suo letto in giacca e cravatta accompagnato dal messaggio: «Ti voglio bene papà».
Alla narrazione della malattia i social ci avevano già abituati: è sempre più frequente seguire l’ospedalizzazione delle persone che decidono di consegnare la propria degenza al virtuale, ma lo scatto dalla camera ardente del proprio caro è un passo oltre, anzi aldilà. È Facebook a certificare la morte prima dell’anagrafe: se non si muore lì non si muore del tutto.
Centinaia i like funerari e i commenti alla foto di questo vecchio signore, nato nel 1922 quando a stento c’era la radio. La maggior parte degli «amici» si sono stretti al dolore di Boscia, ma alcuni hanno sentito il dovere di prendere le distanze da un gesto che allarga i confini del letto di morte al profilo social dove non si sente l’odore del caffè del «cuonzolo» e non si possono sussurrare parole di speranza ai parenti.
Gerardo Amendola è tra i primi a dissentire: «Mi dispiace... ma non ammetto queste intime spettacolarizzazioni. Non lo trovo corretto». Carmen Famiglietti gli fa eco: «No, ma davvero... stiamo perdendo il senso». Ivan Spina aggiunge: «Sentite condoglianze. Ma la foto alla morte mi sembra un po’ eccessiva e fuori luogo». Massimo Italiano, fondatore dell’Upstroke: «Condoglianze per tuo padre... permettimi di dire che la scelta di mettere questa foto la trovo di cattivissimo gusto!». E la modella Natascia May invita alla riflessione: «Probabilmente il dolore come tutti i sentimenti forti fanno perdere lucidità e fanno agire d’istinto e quindi forse volevi renderci partecipi della tua perdita pubblicando la foto di tuo padre. Poi più in là forse ti renderai conto però che esistendo “un diritto all’immagine e un diritto alla privacy” potresti aver negato la possibilità a tuo padre di esercitarli... Non pensi che avresti potuto violare l’intimità di tuo padre?».
E ancora il rapper Ludo Brusco: «Condoglianze Max, però scusa se mi permetto ma credo sia un’immagine tua intima che eviterei di far guardare ai ragazzini che si collegano su fb, poi sono scelte tue». Infine la conduttrice Lorenza Licenziati: «Max ma sei impazzito anche tu? Tra flebo, malattie ed ospedali ma come fate a pubblicare queste foto? Io sono esterrefatta».
Gesto macabro, rituale ancestrale che si collega alla necessità-desiderio di fermare l’immagine del morto come con l’imbalsamazione o inconscia memoria ottocentesca degli album di morte in cui si collezionavano le foto dei cari estinti in pose anche amene, come se fossero vivi? C’è un’ampia letteratura sui rituali di morte come primo atto di elaborazione del dolore, bibliografia che va aggiornata con il passaggio dal caro estinto al caro-social-estinto.
Max, condoglianze, ma come le è venuto in mente? «È stata una dimostrazione di amore, non di ostentazione della morte. Non ci ho pensato molto: oggi la nostra vita è così connessa che ho pensato di condividere con gli altri l’enorme dolore che mi era piombato addosso. È stato un grido, un dire a voi tutti: guardate cosa mi è successo...». Non si è chiesto se suo padre avrebbe approvato? «No, in verità. Lui era un uomo analogico, a stento usava il cellulare, la sua è stata l’epoca della parola non dell’immagine». Appunto: «Si trattava di me: avevo bisogno forse di rimuovere da me stesso il lutto e condividerlo con gli altri. Io sono immerso nella comunicazione: pensi che la mia tesi con Alberto Abruzzese era un video, poi dovemmo farne una versione scritta perché la segreteria non la voleva accettare». L’uomo digitale, dunque, per elaborare il lutto dell’uomo analogico, ne socializza l’immagine. «Sì, ho voluto portare tutti in quella camera funebre: mio padre era di Benevento e molti parenti non sono riusciti a venire, altri vivono a Roma e Milano. Per me è stato un modo per offrire anche a chi non c’era la possibilità dell’ultimo saluto. Papà è morto nel sonno, serenamente e pare sorridere ancora. Sono credente e sono certo che la sua vita non sia finita qui».
Riflettendo su Ascanio, morto a 97 anni «su Facebook», ricercando casi analoghi sui social, mi sono imbattuta sulla pagina fb PostMortem (Fotos), un profilo che raccoglie antichi scatti di defunti fotografati in posa, scovati in archivi di famiglia. Della foto funeraria si offre anche la tecnica: i ferri che sostenevano i cadaveri per farli stare in posizione eretta o seduti come durante un pranzo. La più feroce di tutte è quella di due gemelline vestite di tutto punto con i fiori nei capelli: la viva è appoggiata alla morta, nessun regista dell’horror riuscirebbe a superare questa crudeltà.
Dalla morte seppiata a quella in alta risoluzione. Ha più di 46mila iscritti il sito
Last Images dedicato alle ultime immagini scattate alle persone prima della loro decesso: il giorno precedente o l’ultima notte.
Incontinenze emotive o nuove forme di elaborazione del lutto? In ogni caso roba da vivi, perché, direbbe il principe Totò passato dall’altra parte: «Nuje simmo serie... appartenimmo a’ morte».
” Non ci ho riflettuto La nostra vita è così connessa che è stato un modo per portare gli altri nella camera ardente