Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Butto il cellulare Mio figlio non chiamerà più»
Il dolore dell’ex poliziotto che ha perso il figlio a Trieste
«Sentite? Continua a squillare, squillare. Ma io che me ne faccio di questo cellulare adesso? Era solo Pierluigi che mi chiamava, a lui mandavo le foto e i video della nostra città, del mare. Ora lo butto».
Con un filo voce e il viso rigato dalle lacrime ha guardato il suo telefonino e con sdegno lo ha gettato a terra. Si è aggrappato ad un oggetto per poter sfogare la sua rabbia, l’infinito e profondo dolore. Davanti ai suoi colleghi che due sere fa in divisa hanno bussato alla porta di casa sua, ha provato a mostrarsi forte. Ci ha provato anche davanti alla moglie e alla figlia, ma poi l’ex poliziotto Pasquale Rotta è crollato e ha guardato quel suo cellulare impietrito, perché fino a poche ore prima squillava solo quando Pierluigi lo cercava per chiedergli notizie sul suo stato di salute. Sta poco bene Pasquale e suo figlio non faceva passare un solo giorno senza farsi sentire, anche soltanto con un messaggio.
Una storia impossibile finanche da immaginare. Un padre poliziotto che inculca nel figlio maschio la passione per la divisa e che lo vede morire ucciso in Questura, il luogo che dovrebbe essere il più sicuro per un agente. E invece il destino ha voluto così. Pasquale si è chiuso nel silenzio. Non ha detto una parola durante i 200 chilometri che due sere fa ha percorso con la moglie, la figlia e il cognato in un’auto della polizia che lo ha portato all’aeroporto di Roma. Non ha detto una parola durante il volo durato un’ora e 10 minuti che lo ha portato a Trieste ed è rimasto muto anche davanti al corpo del figlio, ucciso da un uomo che è riuscito a sfilargli la pistola dalla fondina e gli ha esploso contro due proiettili. Pasquale era andato in pensione da due anni dopo oltre trenta di servizio. Aveva deciso di lasciare Pozzuoli per una villetta a Lago Patria così da poter coltivare la sua seconda grande passione: la pesca.
Quando poteva andava in barca sul lago e tirava su di tutto. Poi mandava video a suo figlio che era distante migliaia di chilometri dai suoi affetti, nel freddo di Trieste. Pierluigi però fino a fine gennaio era stato a Pozzuoli, nello stesso commissariato dove il padre, da Sovrintendente, era stato trasferito tra il 1992 e il 1993 all’ufficio denunce e passaporti. Pierluigi era stato «aggregato» temporaneamente nella città Flegrea perché aveva chiesto di stare accanto a suo padre, che fino all’anno scorso lottava contro un male difficile. Ma la famiglia Rotta è una famiglia di leoni. Lo dicono tutti in commissariato che si sente profondamente colpito dal dramma di Pasquale. Era il suo sogno quello di vedere un figlio in divisa e quando Pierluigi è diventato poliziotto non ha trattenuto le lacrime per la felicità. Lo diceva a chiunque: «Che soddisfazione vederlo con la divisa, lo sognavo da sempre». E quel bimbo vispo e curioso se lo ricordano in tanti a Pozzuoli, ma anche a Napoli. Pasquale portava spesso Pierluigi in commissariato e alla questura di Napoli, perché n città era stato caposcorta di politici e magistrati. Alla fine degli anni Ottanta ha trasportando in auto blindate tra gli altri il «viceré» della Dc, Antonio Gava, il suo braccio destro Vincenzo Scotti e anche il pubblico ministero della Dda, da poco in pensione, Luigi Gay. Affidabile, concreto e onesto. Le stesse caratteristiche di Pierluigi che ha avuto il padre come maestro. Molto probabilmente tra qualche mese avrebbe chiesto nuovamente di essere «aggregato» a Pozzuoli perché anche sua mamma aveva necessità di averlo accanto per motivi di salute. Dramma nel dramma: Pierluigi da poco si era fidanzato con una collega di Trieste. Diceva di aver trovato finalmente l’amore della sua vita.
” La disperazione Sentite? Continua a suonare. Ma non potrà essere Pierluigi: a lui mandavo le foto e i video della nostra città del mare