Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Lissner valorizzerà il San Carlo Ma il circolo dell’Unione deve liberare le sale del teatro»
«Con Stéphane Lissner alla guida del San Carlo non solo il teatro troverebbe un nuovo impulso internazionale ma riuscirebbe a recuperare anche quel ruolo di traino culturale che ha sempre avuto dalla sua fondazione». Cesare De Seta, saggista e professore emerito dell’Università Federico II, interviene nel dibattito sulla possibile nomina di Lissner a successore di Rosanna Purchia che dopo dieci anni si avvia a lasciare l’incarico di sovrintendente del San Carlo.
Possibile nomina che ha aperto una discussione in città con tante voci favorevoli ma anche con qualche perplessità da parte di alcune fasce della cultura cittadina nonostante l’altissimo profillo dell’attuale direttore dell’Opera di Parigi.
Professore, condivide l’idea che l’arrivo di Lissner rappresenterebbe un salto di qualità non solo per il San Carlo ma per tutta la cultura napoletana?
«Certamente. E vanno proprio in questo senso sia l’editoriale del direttore Enzo d’Errico sia le dichiarazioni dell’imprenditore Gianfranco D’Amato. Condivido soprattutto il dato che con l’arrivo a Napoli di Lissner ci sarebbe la concreta possibilità di aprire una nuova fase di alta qualità culturale».
In che modo Lissner potrebbe incidere così profondamente?
«Sarebbe un momento alto per Napoli che tornerebbe ad avere un ruolo centrale in Europa. Il teatro San Carlo fin dalla sua fondazione ha avuto straordinari sovrintendenti e direttori artistici come Domenico Barbaja che fu un grandissimo realizzatore delle fortune del Teatro, anche come committente di opere. E proprio in questo senso io vedo un ruolo forte di Stéphane Lissner con la sua straordinaria capacità di attrarre artisti di livello assoluto».
Una tradizione che si era persa e che è stata in parte già recuperata negli ultimi anni?
«Questa tradizione, purtroppo, è andata perduta e va ripresa. Lissner ha tanta esperienza e un grandissimo prestigio internazionale che gli consentiranno di commissionare opere ad autori contemporanei di assoluto valore. Un valore aggiunto che tutta la città potrebbe apprezzare e che restituirebbe al San Carlo quel posto che ha sempre avuto nella storia».
Lissner troverebbe anche una squadra che negli ultimi anni ha compiuto passi in avanti nell’organizzazione e negli allestimenti.
«Certo. Voglio rivolgere intanto il mio apprezzamento all’attuale sovrintendente Rosanna Purchia, ma voglio anche ricordare la straordinaria stagione che il Teatro San Carlo ha vissuto con la guida di Gioacchino Lanza Tomasi il quale, con molta intelligenza, invitò a Napoli per le scenografie grandi artisti contemporanei come Paolini e altri. Lissner rilancerebbe questo aspetto, potendo peraltro utilizzare la struttura teatrale più bella al mondo. Il San Carlo mi è particolarmente caro, sono personalmente affezionato, non solo per averne scritto e curato tanti libri, ma anche perché parliamo di una struttura che per il disegno della sua pianta, all’epoca una scelta rivoluzionaria, è giustamente considerata la più bella al mondo. Una struttura che all’epoca della realizzazione fu profondamente innovativa».
Lissner avrà certamente preso in considerazione ogni aspetto.
«Avrebbe senza alcun dubbio a disposizione un teatro molto più bello della Scala di Milano e dell’Opera di Parigi. Avrebbe qui una leva in più, anche rispetto alle sue straordinarie esperienze vissute in teatri di grande prestigio».
Il San Carlo potrà tornare ad essere il motore della cultura napoletana?
«Il San Carlo sì, deve tornare ad essere il propulsore della cultura napoletana come è stato storicamente. Un teatro che è stato un faro per la città e che ha sempre funzionato, è sempre stato aperto ai cittadini come avvenne anche durante la rivoluzione del 1799. Un teatro che è l’anima della città. Basta rileggere cosa hanno scritto i grandi viaggiatori a partire da Stendhal che lo definiva non solo il più bel teatro al mondo ma era anche la sua prima tappa appena arrivava a Napoli».
Il San Carlo tornerà a quei livelli?
«Un teatro che può certamente recuperare in pieno quel ruolo internazionale e che a Napoli deve fare rete e interagire con i nostri musei da Capodimonte a San Martino fino al Museo nazionale,al Madre e ai siti archeologici».
Anche il San Carlo ha un suo piccolo museo poco conosciuto.
«Sì, bisogna anche mettere a fuoco il museo del San Carlo, oggi troppo piccolo, che va assolutamente potenziato e valorizzato. Ma ci sarebbe anche molto altro da fare dal punto vista delle strutture del teatro».
A cosa si riferisce?
«C’è un problema che riguarda l’adiacente circolo dell’Unione».
Cioè?
«Ritengo che quel circolo dovrebbe trovare un’altra sede. Quelle sale, storicamente, appartengono al teatro. Mi rendo conto di affrontare un problema spinoso e difficilmente risolvibile, ma il circolo dell’Unione dovrebbe liberare quei saloni. Questa la mia idea che, me ne rendo conto, se portata avanti solleverebbe un vespaio. Un passo utile per lo sviluppo del San Carlo e per un recupero integrale della sua struttura storica. Sarebbe una scelta, dolorosa per certi versi, ma decisamente opportuna».
” Sarebbe un momento alto per Napoli che tornerebbe ad avere un ruolo centrale in Europa. Si dovrà poi mettere mano al museo del Massimo, oggi troppo piccolo ma che deve essere assolutamente potenziato