Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La storia Antonio Tessitore comunica solo con un sintetizzatore oculare
«La Sla mi divora e lo Stato mi abbandona Adesso penso al suicidio assistito»
«Se queste sono le risposte dello Stato ai miei appelli preferisco porre fine alla mia vita». E ancora: «Se dovesse continuare così mi vedrò costretto allo sciopero della comunicazione. Fino alle estreme conseguenze, ovvero il suicidio assistito». Sono conclusioni amare, quelle delle ultime ore. Che hanno il sapore quasi della resa. Già venti giorni fa, Antonio Tessitore protestava davanti alla sede dell’Asl di Caserta.
«Se queste sono le risposte dello Stato ai miei appelli, o meglio le mancate risposte, preferisco porre fine alla mia vita». E ancora: «Se dovesse continuare questo stato di cose mi vedrò costretto allo sciopero della comunicazione. Fino alle estreme conseguenze, ovvero il suicidio assistito. Perché, forse, in un Paese come l’Italia è l’unica possibilità per essere finalmente sereni».
Sono conclusioni amare, quelle delle ultime ore. Che hanno il sapore quasi della resa. Già venti giorni fa, Antonio Tessitore protestava davanti alla sede dell’Asl di Caserta. Pur essendo inchiodato ormai da tempo al suo letto di sofferenza, al più ad una carrozzina elettrificata che gli consente brevi — quanto difficili e dolorosi — spostamenti, con l’aiuto dei suoi assistenti si era spinto da Villa Literno, dove risiede, fino al capoluogo di provincia per rappresentare di persona le crescenti difficoltà di andare avanti con la sua malattia ed invocare aiuto. «Da mesi chiedo un rafforzamento della squadra di volontari che mi segue ma senza aver ottenuto nulla». Da 16 anni Tessitore, 43 anni, combatte contro una forma aggressiva di Sla (Sclerosi laterale amiotrofica), che ha via via privato il suo organismo di ogni funzione. Più o meno battaglie solo per me, ma per sollevare l’attenzione intorno ai problemi dei tanti malati di Sla in Italia», ripete ancora oggi. Nel 2017 (ancora per i tipi di Tullio Pironti) dà alle stampe il suo secondo lavoro: La mia
vita. Senza parole. E qui, a tre anni di distanza dalla prima pubblicazione, la speranza di una via d’uscita dal suo incubo sembra sempre più flebile. Ciò nonostante Antonio si sente ancora un «leone» dentro. Tra una battaglia e l’altra con la burocrazia si mette sotto e dà esami a ripetizione