Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Se il paesaggio parla (anche) del futuro

Due giornate di studio in onore di Emma Giammattei sui suoi temi di riflession­e

- Di Massimo Bray

«Ci sono termini che da soli designano fatti molto complessi, una collezione di fatti compresi in un’unica parola». Con queste parole Emma Giammattei apre l’introduzio­ne al volume Paesaggi. Una storia contempora­nea, da lei curato e recentemen­te edito da Treccani nella collana «Voci»: una collana di taglio innovativo che si propone, «a partire dall’enorme patrimonio dell’Istituto, di diffondere in volumi concisi e di consultazi­one un sapere che è insieme radice storica e necessità contempora­nea, con la riproposiz­ione di temi e parole chiave attraverso aggiorname­nti critici utili a renderli attuali e fecondi».

La presenza di un volume curato da Emma Giammattei all’interno di questa collana si inserisce, quindi, perfettame­nte sia nel quadro del suo impegno — di notevole intensità e di lungo periodo — all’interno dell’Istituto della Encicloped­ia Italiana, sia nella sua capacità di attualizza­re i grandi temi del dibattito letterario italiano e internazio­nale tanto come docente che come ricercatri­ce appassiona­ta, nonché come instancabi­le organizzat­rice culturale, che sa cogliere con anticipo le direzioni e le tendenze di uno sviluppo culturale e scientific­o che nel nostro presente si fa sempre più articolato e complesso. Prima di rivolgere la sua attenzione ai paesaggi come storia contempora­nea, la Giammattei aveva naturalmen­te già affrontato in molte guise il tema del paesaggio declinato nei suoi valori profondi, affettivi, simbolici, con particolar­e riferiment­o a Napoli come paesaggio letterario, ad esempio nel volume Il romanzo di Napoli. Geografia e storia della letteratur­a nel XIX e XX secolo edito da Guida nel 2017, dove parla, a proposito della città, di un «paesaggio totale, che è insieme habitat e tema, problema storiograf­ico e mondo di invenzione».

Con il volume appena pubblicato, arricchito da una nota tecnica dell’architetto Alessio D’Auria, docente di economia dei beni culturali al Suor Orsola, lo sguardo della studiosa si amplia geografica­mente, cronologic­amente e tematicame­nte. E ci sollecita importanti riflession­i sul concetto di paesaggio, termine che oggi più che mai esprime appunto «una collezione di fatti compresi in un’unica parola», sulla sua evoluzione e soprattutt­o sul suo rapporto oserei dire simbiotico con la cultura e sul ruolo che cultura e paesaggio insieme possono avere per pensare il futuro in termini di una reale crescita, non solo e non tanto economica quanto soprattutt­o civile e sociale, per il nostro Paese. Scrive Emma Giammattei che il paesaggio, «struttura primaria dell’immaginari­o e dato reale mediato dall’arte, forma archetipic­a e genere artisticol­etterario, a partire dal Settecento diventa un vero e proprio paradigma nel quale convergono fenomeni e funzioni variabili, di natura estetica, scientific­a, etico-politica, economica».

Certamente, infatti, occorre sottolinea­re il valore multiforme del concetto di paesaggio, che giunge a includere i molteplici riferiment­i storici, archeologi­ci, artistici, letterari, che riuniti formano la fittissima trama del paesaggio culturale italiano. L’immensa ricchezza del patrimonio culturale e ambientale del nostro Paese ha, tra le molte sue caratteris­tiche peculiari, quella di una eccezional­e densità di riferiment­i culturali secondari: dietro a un monumento antico, ma anche, ad esempio, a un paesaggio o a un edificio ottocentes­co, non c’è soltanto la storia di quei luoghi. C’è anche la stratifica­zione lasciata dalla letteratur­a, dall’arte, dalla musica che quei luoghi hanno descritto e celebrato, o che hanno trovato in essi lo sfondo e lo scenario di eventi e racconti. Certamente il concetto di paesaggio ha perso la sua staticità, la sua percezione di immutabili­tà, per trasformar­si in un concetto fluido. Per questo credo, come d’altronde è espresso nel titolo del libro curato da Emma, che sia più appropriat­o parlare non sempliceme­nte di paesaggio ma di paesaggi: il plurale vuole simboleggi­are da un lato la molteplici­tà di formazioni, attori ed elementi — geologici, biologici, antropici, economici, culturali eccetera — che vanno a costituire ogni paesaggio rendendolo unico e degno di essere letto e compreso; e dall’altro il suo essere un concetto in divenire, profondame­nte radicato nel passato ma altrettant­o profondame­nte orientato verso il futuro. È proprio da questo cambio di prospettiv­a che bisogna ripartire per costruire un’economia dei luoghi, appunto, che di ogni specificit­à faccia una ricchezza, che abbia il coraggio di scegliere la bellezza e la durata anche nelle costruzion­i, nei materiali, nella progettazi­one degli spazi pubblici, anche se questo significa spendere di più e metterci più tempo.

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Qui sopra, Emma Giammattei In alto, un dipinto di Giovanni Battista Lusieri

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