Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’ira dei tifosi: «Andate a lavorare»
Dagli spalti del San Paolo offese e fischi ai calciatori. Insigne nel mirino: togliti la fascia
Il Napoli non sosteneva un allenamento a porte aperte da quasi cinque anni. Era il 2 gennaio 2015, lo stadio era gremito, festoso. Benitez e i suoi ragazzi portavano in trionfo la Supercoppa Italiana vinta a Doha contro la Juventus, l’ultimo trofeo che il Napoli è riuscito a portare a casa. La convenzione per l’utilizzo dello stadio San Paolo sottoscritta tre settimane fa dal presidente De Laurentiis prevede la possibilità di realizzare gli allenamenti a porte aperte, un’idea per alimentare l’empatia con i tifosi. Dopo il burrascoso post-partita di Napoli-Salisburgo, lo scenario del giovedì pomeriggio di Fuorigrotta è diverso, l’atmosfera è molto cupa. «Rispetto», una sola parola nello striscione di circa 150 tifosi della Curva A sintetizzava la ribellione popolare ai giocatori che hanno disobbedito all’ordine della società di andare in ritiro. Alla squadra sono stati dedicati cori di rabbia: «Guadagnate i milioni, non volete giocare, andate a lavorare», «In campo la Primavera», «Ci vediamo in discoteca», «Le serate sono finite, è meglio che ve ne andate», «Meritiamo di più», «Se non vincete vi massacriamo». I calciatori hanno rappresentato il principale bersaglio, in una sola occasione è stato preso di mira il presidente
De Laurentiis con il coro «Stai vincendo solo tu», un’accusa al patron del Napoli che appartiene al classico repertorio del tifo di curva negli ultimi anni. I cori sono stati accompagnati sotto il profilo simbolico da qualche petardo e dal lancio di qualche monetina. Il tifo organizzato protagonista della contestazione non ha seguito l’allenamento seguito da circa 200 tifosi, quindi una percentuale minima (intorno al 2%) tra quelli che ne avevano diritto (i circa diecimila abbonati). La seduta degli azzurri si è svolta in un clima ostile con fischi e insulti, nel mirino alcuni giocatori più rappresentativi al centro dei retroscena sulla notte dell’ammutinamento: Allan, Callejon e soprattutto Insigne, al quale qualcuno ha gridato: «Togli la fascia». Il capitano è indicato come l’uomo-simbolo dello spogliatoio ribelle, il leader dei milionari che hanno disobbedito all’indicazione della società. «Mercenari» è l’espressione che rappresenta il leitmotiv dell’atmosfera di Fuorigrotta sia all’esterno che all’interno del San Paolo. Insigne viene preso di mira più di tutti, qualche tifoso gli contesta anche la fascia di capitano quando durante la partitella a campo ridotto batte un calcio d’angolo. Nel caos dei fischi e degli insulti, c’è stato spazio an
che per l’ironia con degli applausi che hanno accompagnato un gol di Zielinski realizzato da una posizione simile all’occasione fallita contro il Salisburgo. Allan e Callejon sono stati insultati anche all’uscita dallo stadio, alcuni tifosi hanno anche accerchiato l’auto del brasiliano rivolgendogli degli epiteti. La contestazione ha colpito soprattutto i «senatori» del gruppo, il nuovo acquisto Di Lorenzo è uno dei pochi ad essere stato applaudito quando ha abbandonato lo stadio. L’altro è stato Mertens, che ha «teso la mano» sotto gli spalti. Il clima ostile per gli azzurri vive di poche eccezioni, una è stata particolarmente significativa, riguarda un tifoso che, pochi minuti dopo essere entrato nel settore Distinti, ha abbandonato lo stadio con le lacrime agli occhi facendo questo commento: «Se devo contestare, torno a lavorare». In campo intanto si prepara la gara contro il Genoa, Allan e Mario Rui hanno svolto parte dell’allenamento svolgendo lavoro differenziato, Ghoulam si è dedicato ancora alle terapie, Meret ha lavorato in palestra mentre Manolas non si è allenato per un attacco febbrile. Stasera gli azzurri resteranno in ritiro per Napoli-Genoa. L’ha deciso Ancelotti, è una prassi alla vigilia delle partite, ma non sempre quando si gioca di sera si sta insieme un giorno e una notte. La squadra prova a ritrovare serenità. La sfida di domani è di fondamentale importanza.