Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il tema dello «scudo» non riguarda soltanto l’Ilva
Caro direttore, il tema dello scudo penale assume dimensioni epocali nel caso Ilva, ma non è un problema che riguarda soltanto il caso Ilva. Il tema della responsabilità penale per gli amministratori che subentrano in situazioni «critiche» dal punto di vista penale per ipotesi di reati ambientali (ma non solo) in società «problematiche» è molto più vasto, coinvolge migliaia di manager di aziende di medie dimensioni in Italia.
Vi racconto ad esempio la mia storia in Eav, emblematica di tante altre situazioni. Eav gestisce circa duecento siti produttivi (tra stazioni, cantieri, uffici, depositi ed officine). Il giorno dopo che ho assunto la carica di Amministratore, di fatto, rispondo della regolarità dei siti dal punto di vista della normativa (assai complessa) in materia ambientale. E’ giusto? O sarebbe più giusto concedere il tempo necessario per la bonifica di eventuali situazioni illecite? Certo, ci sono le deleghe ed i modelli organizzativi , ma non sempre ti mettono al riparo dalle conseguenze penali in ipotesi accertate dalle autorità di violazioni in materia ambientale.
Parliamo di reati ambientali ma potremmo allargare il ragionamento ad altre ipotesi di reati, di diversa natura. Insomma, entrare come amministratore in aziende «critiche», cioè con problematiche aperte di rilevante impatto penale, ti espone al rischio notevole di dover subire le conseguenze per responsabilità ereditate da precedenti gestioni. Un amministratore che vuole risanare o sanare situazioni, forse, dovrebbe avere, per norma, una sorta di esimente per un periodo di tempo «congruo» in relazione alla complessità delle situazioni ereditate e da sanare. Uno scudo temporale per consentire ad un amministratore diligente di dimostrare la sua diligenza. Senza questo scudo si resta esposti a rischi imponderabili. E si allontanano i migliori dall’assumere responsabilità nelle situazioni più difficili, che meriterebbero, al contrario, proprio l’impegno dei migliori. Questa cosa chi vive l’impresa la comprende al volo; chi non è mai entrato nel vivo della gestione di una impresa non può capirla. Se le scelte politiche sullo sviluppo dell’impresa in Italia vengono assunte da persone senza cultura d’impresa, il risultato è catastrofico.
Veniamo al caso Ilva di questi giorni. L’immunità penale concessa ad Ilva — prima in amministrazione straordinaria e poi ad ArcelorMittal — nasce da una norma del 2015. L’azienda era entrata in amministrazione straordinaria, era in piena fase critica perché erano aperte tutte le conseguenze del sequestro giudiziario dell’area del 2012, e con questa norma si era voluto di fatto assicurare una protezione legale sia ai gestori dell’azienda (i commissari), che ai futuri acquirenti (l’offerta di gara di ArcelorMittal doveva ancora esserci), relativamente all’attuazione del piano ambientale previsto per la fabbrica. Evitare, cioè, che attuando il piano ambientale, normato da un Decreto del settembre 2017, i commissari o i futuri acquirenti del polo siderurgico, restassero coinvolti in vicissitudini giudiziarie derivanti dal passato, essendo l’inquinamento Ilva un problema di antica data.
Nella primavera del 2019, ad un anno circa dell’insediamento del primo Governo Conte, i Cinque Stelle avevano dichiarato che questa norma — l’immunità — era illegittima e andava abrogata perché trattavasi di un privilegio concesso ad ArcelorMittal. Ora mi chiedo: se una azienda estera voleva comperare uno stabilimento in vigenza di questa norma, giusta o sbagliata che sia, se poi cambia la norma, ha il diritto di recedere dall’offerta? Probabilmente si, si chiama di certezza del diritto, nei paesi civili è garantita. Allora si tratta di capire se si vuole chiudere Ilva o se si vuole dare il tempo necessario a chi intende investire 4 miliardi di euro, di poter realizzare il previsto piano di investimenti che comprende la bonifica. Si elimini quindi la norma che ha abolito lo scudo penale precedentemente previsto — magari allargando le ipotesi non solo al caso Ilva — e vedremo se si tratta di un tema strumentale o meno, ossia se la multinazionale revoca l’ipotesi di recesso e procede nel piano previsto. Si inchiodi la multinazionale alle proprie responsabilità e si abbandonino le posizioni talebane. In gioco non è soltanto Ilva ma la credibilità del sistema Italia per gli investitori internazionali. Quante multinazionali hanno già lasciato il bel paese per l’assenza di ogni forma di scudo?