Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Da amico di infanzia a boss crudele «Questo mese mi devi dare 500 euro»
Decumani, così i Sibillo imponevano le estorsioni. L’odissea di Genny e del padre Francesco
NAPOLI Sono cresciuti insieme nei vicoli dei Decumani, hanno giocato nella stessa squadra di pallone e frequentato gli uni le case degli altri. Per questo Gennaro Sole detto Genny, proprietario assieme al padre di un negozio di alimentari, non temeva i Sibillo. Ed è caduto dalle nuvole quando è stato convocato dai reggenti del clan che gli hanno chiesto a muso duro la tangente, con l’arroganza e l’indifferenza di chi non ha mai lavorato.
La storia di Genny e di suo padre Francesco la racconta l’ordinanza di custodia cautelare notificata nei giorni scorsi a 22 persone ritenute legate alla cosca nota come «la paranza dei bambini», protagonista nel 2015 di uno scontro violentissimo con i rivali Mazzarella — Buonerba. È l’8 aprile 2017 quando Genny viene convocato da Giovanni Matteo, che assieme al cugino Giovanni Ingenito ha ricevuto da Pasquale «Lino» Sibillo lo scettro del comando.
Gennaro: «Cosa è successo, dimmi».
Giovanni: «Senti, ma un pensierino per Pasqua ce lo puoi fare?».
Gennaro: «Un pensierino in che senso? Più o meno a piacere?».
Giovanni: «Ti ricordo che a Natale non avete dato niente».
Gennaro: «Sì, ma ve li siete presi un mese prima! Venne il Pop (Antonio Esposito, ndr) e si prese 5/600 euro! Adesso non lo so, se si tratta di un regalo a piacere e parliamo di 100/200 euro per i carcerati, non ci sono problemi».
Giovanni: «500 euro ce li puoi mandare?».
Gennaro: «Non lo so, adesso parlo con mio padre, però penso che sono un po’ esagerati».
Giovanni, con voce di stupore: «Esagerati?».
Gennaro: «Ma tu hai capito i problemi che ci sono oggi? Cioè uno non è che per esempio... Siamo amici, siamo cresciuti insieme!».
La cosca decimata Le misure cautelari hanno colpito la cosca nota anche come «la paranza dei bambini»
Giovanni: «Ed è per questo che ho chiamato direttamente te».
Gennaro: «Vi voglio venire incontro, voglio anche farvelo questo regalo, ma 500 euro sono troppi. Adesso parlo con mio padre e vediamo».
Giovanni: «Ti devo cercare di più per poi scendere con la cifra?».
Gennaro: «No, questo no!». Giovanni: «Mi sembra brutto, alla fine mi sembra pure brutto. Ti sto cercando il minimo , è inutile che te ne cerco 1000 per poi dire fai 300, fai 400 oppure 500 euro».
Gennaro: «Adesso vedo papà cosa dice, perché stiamo proprio rovinati».
Il giovane esce, nell’appartamento si continua a parlare di lui. Giovanni Ingenito rimprovera il cugino Giovanni Matteo, accusandolo di essere stato troppo buono.
Giovanni Ingenito: «Io invece penso che gli devo mettere le mani addosso! E ti dico di più, mi deve dare anche la spesa tutte le settimane, anzi tutti i sabati!».
Bussa alla porta ed entra un altro elemento di spicco del clan, Giuseppe Napolitano.
Giuseppe: «Oh, ma cosa gli avete fatto a quello? È uscito da qua bianco bianco».
Marco Napolitano: «Niente, si è preso collera».
Giovanni Ingenito: «Si è fatto un pianto esagerato».
Qualche giorno dopo nell’appartamento di vico Maiorani è convocato Franco Sole, il padre di Giuseppe, che si ribella.
Franco: «Gigino il barbiere è sbirro e chiama le guardie. E vado anche io a chiamare le guardie. Certe cose io non le concepisco. Il sangue bolle nelle vene».
Non sarà facile, ma il figlio lo convincerà davvero a denunciare. Le dichiarazioni rese ai carabinieri dopo mille esitazioni sono uno dei punti forti dell’inchiesta.