Corriere del Mezzogiorno (Campania)
UNA RAGAZZA NELLE VISCERE DI NAPOLI
Romanzo rivolto a un certo pubblico, La ragazza delle meraviglie di Lavinia Petti (edizioni Longanesi) ha una sua ampiezza di respiro e di temi, pur muovendosi dichiaratamente nel territorio che sta tra il fantasy e il feuilleton. La trentenne scrittrice napoletana si rivolge a una fascia di lettori abbastanza giovani, abituati alle trame che sconfinano nel paranormale, nel gotico, nel mistery. Ecco dunque una Napoli cupa e ctonia, madre matrigna quanto basta per provocare nella quattordicenne Fanny incubi ricorrenti, in cui il mare è una forza oscura che tutto travolge. In realtà il mare fa parte della storia personale di Fanny, che a un certo punto scopre di essere stata adottata e si mette sulle tracce dei suoi veri genitori. Qui inizia la sarabanda di avventure, tra Napoli di sopra e Napoli di sotto, ovvero quella parte nascosta e sotterranea della città che ne rappresenta il rovescio, l’aspetto dionisiaco. Lavinia Petti, mentre dipana la fitta trama del racconto, si cimenta anche in considerazioni e similitudini suggestive come questa: «Napoli assomiglia a un gigantesco ragno che traballa su centinaia di gambe». O la calzante descrizione del Tin, Teatro Instabile di Napoli che fu animato dall’estroso genio di Michele Del Grosso. Talvolta però la scrittura e soprattutto la materia prendono troppo la mano all’autrice che mette insieme riti notturni in omaggio a millenarie divinità pagane e munacielli che saltellano nelle stanze di un rigattiere-antiquario. E ancora: ossa ritrovate in un sacco, pozzi neri e pietre magiche. E soprattutto Petti strizza un po’ troppo l’occhio al «fatto» inventato da Maurizio de Giovanni: anche Fanny, come Ricciardi, vede i morti appena spirati e questo francamente era molto meglio evitarlo. Per il resto il libro scorre come un corposo, coinvolgente fumetto: e non significa che sia un prodotto senza le sue specifiche e innegabili qualità.