Corriere del Mezzogiorno (Campania)
LA STRATEGIA DEL SINDACO
Da alcune settimane si parla della «mozione di sfiducia» alla Giunta da parte di alcuni Consiglieri comunali di Napoli. Il Sindaco spera di contrastarla con un «rimpasto», un palliativo che può rinviare ma non lenire lo stato preagonico dell’istituzione cittadina (e metropolitana). Peraltro già la presentazione in Consiglio comunale di una mozione di sfiducia — ovviamente dell’opposizione, ma forse anche di qualche Consigliere della risicata maggioranza — è la certificazione che nell’assemblea trova eco il malessere della cittadinanza. Nel testo della mozione infatti, premessi i doveri del Sindaco, si legge «che il Consiglio comunale non può ulteriormente assistere passivo, solo per tutelare egoisticamente la sua sopravvivenza, al…grave degrado senza farsi complice di un’inaccettabile inerzia…a tutto danno… dei cittadini». Prevedibilmente de Magistris supererà questo delicato passaggio col rimpasto. Egli lo considera una panacea, ma non lo è, essendo chiara la sola sua finalità: non cadere. Anziché focalizzare i problemi, si cambiano le persone senza neppure conoscerne le reali capacità di risolverli. Finora, nell’ormai lunga esperienza di governo cittadino, de Magistris ha fatto molti avvicendamenti (tra Giunta e società partecipate), ma non se ne sono mai visti gli effetti. Non è cambiata la drammatica situazione dei servizi essenziali della città e dell’area metropolitana.
Noi cittadini lo sappiamo bene, vivendo una tormentata vita quotidiana: trasporti; pulizia, traffico; manutenzione di strade, alberi e giardini; minimo decoro urbano ecc.. Senza contare il disordine creato dall’assenza di vigilanza sul rispetto delle elementari regole della convivenza da parte di pessimi concittadini, «arroganti», «anarchici» e «ribelli» (che magari al Sindaco non dispiacciono). Gli avvicendamenti del resto si sono quasi sempre risolti in un «gioco dei quattro cantoni» tra le persone dell’«entourage» del Sindaco. Per carità, nulla da obiettare: egli è il «dominus» dell’amministrazione. È la legge a prevedere «deleghe» da
dare o revocare agli assessori in piena discrezionalità, secondo la sua fiducia e responsabilità. Stavolta però il rimpasto è tutto e solo politico: se vuole sopravvivere, il Sindaco deve immettere in Giunta esponenti dei tanti gruppuscoli che lo sorreggono (e lo ricattano); tra questi poi qualcuno è composto – incredibilmente – di uno o due personaggi con nomi bizzarri (per esempio: gli «sfasteriati»). Lo scenario è davvero grave, ma non è serio.
Staremo a vedere: sia perché, ancor prima di operare il rimpasto, già si levano voci a difesa di qualche assessore che pare lavori bene; sia perché de Magistris accompagna l’operazione con i soliti accenti roboanti. Per esempio: «supereremo la mozione di sfiducia e nelle prossime ore farò cambi importanti, non solo in Giunta, ma nell’assetto di governo della città….Sarà un ragionamento molto più ampio….Stiamo per partire per una grande fase che porterà a migliorare l’azione
amministrativa in città e a consolidare la forza politica di questa esperienza….Ci sarà molta innovazione, energia e voglia di lottare». Parole che sorprendono ma non meravigliano: il Sindaco ama usare, nella sua comunicazione, un’enfasi retorica e un linguaggio battagliero, che talora sfiorano l’ironia.
Parla di «cambi importanti nell’assetto di governo della città» (ha governato finora con persone inadeguate?). Parla di «grande fase per migliorare l’azione amministrativa» (finora l’azione è stata buona e va solo migliorata? Andiamo!). Parla di «molta innovazione, energia e voglia di lottare» (contro chi o che cosa?). Poiché non parla mai con l’umiltà di uno che è privo di risorse umane e finanziarie, de Magistris fa credere di avere un misterioso asso nella manica o la bacchetta magica per capovolgere le disastrose condizioni in cui si trova l’umanità metropolitana. Si giustifica allora lo scetticismo
diffuso, che si leva da ogni ceto sociale o professionale (imprenditori; lavoratori; professionisti; commercianti; proprietari; inquilini ecc.). Forse gli unici a credergli sono i politici che puntellano la sua traballante maggioranza e ambiscono a un posto di governo o sottogoverno o sperano di avanzare nella carriera politica: dal Comune alla Regione o al Parlamento nazionale. Non una parola de Magistris spende su quello che dovrebbe essere, per così dire, il suo «piano industriale» della città e dell’area metropolitana.
Un serio piano industriale è fatto, anzitutto, di obiettivi chiari e plausibili. E poi di strumenti e risorse adeguate, oltre che di competenze e motivazioni proporzionate agli obiettivi. Non a caso la legge configura il Sindaco (specie di una grande metropoli) come un soggetto dal doppio ruolo: uno politico e uno amministrativo, che si sostengono a vicenda. Non c’è buona politica senza buona amministrazione e
viceversa, sicché un Sindaco si fa apprezzare per la capacità di raccordare con sagace equilibrio i due ruoli. Da questo raccordo però si ricava pure un limite non banale alla sua discrezionalità. Per esempio: revocare la delega a un assessore, che ha ben operato, per assegnarla a un altro, onde guadagnare un paio di voti e restare a galla, significa far prevalere il proprio disegno politico sull’interesse generale. Il che in sostanza è un vulnus alla buona discrezionalità: sanzionabile non giuridicamente, ma politicamente. Speriamo che de Magistris, cosciente delle sue responsabilità, accompagni il rimpasto con adeguate argomentazioni circa gli obiettivi e le persone. Sarebbe una concreta testimonianza di quella trasparenza alla quale egli dice di essere (giustamente) affezionato in quanto indispensabile a garantire una gestione efficiente del «bene comune» (altro valore che il Sindaco dice di avere a cuore).