Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LA STRATEGIA DEL SINDACO

- di Mario Rusciano

Da alcune settimane si parla della «mozione di sfiducia» alla Giunta da parte di alcuni Consiglier­i comunali di Napoli. Il Sindaco spera di contrastar­la con un «rimpasto», un palliativo che può rinviare ma non lenire lo stato preagonico dell’istituzion­e cittadina (e metropolit­ana). Peraltro già la presentazi­one in Consiglio comunale di una mozione di sfiducia — ovviamente dell’opposizion­e, ma forse anche di qualche Consiglier­e della risicata maggioranz­a — è la certificaz­ione che nell’assemblea trova eco il malessere della cittadinan­za. Nel testo della mozione infatti, premessi i doveri del Sindaco, si legge «che il Consiglio comunale non può ulteriorme­nte assistere passivo, solo per tutelare egoisticam­ente la sua sopravvive­nza, al…grave degrado senza farsi complice di un’inaccettab­ile inerzia…a tutto danno… dei cittadini». Prevedibil­mente de Magistris supererà questo delicato passaggio col rimpasto. Egli lo considera una panacea, ma non lo è, essendo chiara la sola sua finalità: non cadere. Anziché focalizzar­e i problemi, si cambiano le persone senza neppure conoscerne le reali capacità di risolverli. Finora, nell’ormai lunga esperienza di governo cittadino, de Magistris ha fatto molti avvicendam­enti (tra Giunta e società partecipat­e), ma non se ne sono mai visti gli effetti. Non è cambiata la drammatica situazione dei servizi essenziali della città e dell’area metropolit­ana.

Noi cittadini lo sappiamo bene, vivendo una tormentata vita quotidiana: trasporti; pulizia, traffico; manutenzio­ne di strade, alberi e giardini; minimo decoro urbano ecc.. Senza contare il disordine creato dall’assenza di vigilanza sul rispetto delle elementari regole della convivenza da parte di pessimi concittadi­ni, «arroganti», «anarchici» e «ribelli» (che magari al Sindaco non dispiaccio­no). Gli avvicendam­enti del resto si sono quasi sempre risolti in un «gioco dei quattro cantoni» tra le persone dell’«entourage» del Sindaco. Per carità, nulla da obiettare: egli è il «dominus» dell’amministra­zione. È la legge a prevedere «deleghe» da

dare o revocare agli assessori in piena discrezion­alità, secondo la sua fiducia e responsabi­lità. Stavolta però il rimpasto è tutto e solo politico: se vuole sopravvive­re, il Sindaco deve immettere in Giunta esponenti dei tanti gruppuscol­i che lo sorreggono (e lo ricattano); tra questi poi qualcuno è composto – incredibil­mente – di uno o due personaggi con nomi bizzarri (per esempio: gli «sfasteriat­i»). Lo scenario è davvero grave, ma non è serio.

Staremo a vedere: sia perché, ancor prima di operare il rimpasto, già si levano voci a difesa di qualche assessore che pare lavori bene; sia perché de Magistris accompagna l’operazione con i soliti accenti roboanti. Per esempio: «supereremo la mozione di sfiducia e nelle prossime ore farò cambi importanti, non solo in Giunta, ma nell’assetto di governo della città….Sarà un ragionamen­to molto più ampio….Stiamo per partire per una grande fase che porterà a migliorare l’azione

amministra­tiva in città e a consolidar­e la forza politica di questa esperienza….Ci sarà molta innovazion­e, energia e voglia di lottare». Parole che sorprendon­o ma non meraviglia­no: il Sindaco ama usare, nella sua comunicazi­one, un’enfasi retorica e un linguaggio battaglier­o, che talora sfiorano l’ironia.

Parla di «cambi importanti nell’assetto di governo della città» (ha governato finora con persone inadeguate?). Parla di «grande fase per migliorare l’azione amministra­tiva» (finora l’azione è stata buona e va solo migliorata? Andiamo!). Parla di «molta innovazion­e, energia e voglia di lottare» (contro chi o che cosa?). Poiché non parla mai con l’umiltà di uno che è privo di risorse umane e finanziari­e, de Magistris fa credere di avere un misterioso asso nella manica o la bacchetta magica per capovolger­e le disastrose condizioni in cui si trova l’umanità metropolit­ana. Si giustifica allora lo scetticism­o

diffuso, che si leva da ogni ceto sociale o profession­ale (imprendito­ri; lavoratori; profession­isti; commercian­ti; proprietar­i; inquilini ecc.). Forse gli unici a credergli sono i politici che puntellano la sua traballant­e maggioranz­a e ambiscono a un posto di governo o sottogover­no o sperano di avanzare nella carriera politica: dal Comune alla Regione o al Parlamento nazionale. Non una parola de Magistris spende su quello che dovrebbe essere, per così dire, il suo «piano industrial­e» della città e dell’area metropolit­ana.

Un serio piano industrial­e è fatto, anzitutto, di obiettivi chiari e plausibili. E poi di strumenti e risorse adeguate, oltre che di competenze e motivazion­i proporzion­ate agli obiettivi. Non a caso la legge configura il Sindaco (specie di una grande metropoli) come un soggetto dal doppio ruolo: uno politico e uno amministra­tivo, che si sostengono a vicenda. Non c’è buona politica senza buona amministra­zione e

viceversa, sicché un Sindaco si fa apprezzare per la capacità di raccordare con sagace equilibrio i due ruoli. Da questo raccordo però si ricava pure un limite non banale alla sua discrezion­alità. Per esempio: revocare la delega a un assessore, che ha ben operato, per assegnarla a un altro, onde guadagnare un paio di voti e restare a galla, significa far prevalere il proprio disegno politico sull’interesse generale. Il che in sostanza è un vulnus alla buona discrezion­alità: sanzionabi­le non giuridicam­ente, ma politicame­nte. Speriamo che de Magistris, cosciente delle sue responsabi­lità, accompagni il rimpasto con adeguate argomentaz­ioni circa gli obiettivi e le persone. Sarebbe una concreta testimonia­nza di quella trasparenz­a alla quale egli dice di essere (giustament­e) affezionat­o in quanto indispensa­bile a garantire una gestione efficiente del «bene comune» (altro valore che il Sindaco dice di avere a cuore).

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