Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Né una piazza né un cinema Monterusciello, la new town che è un niente urbano
Il parroco Santaniello: «Il vero scandalo è l’isolamento culturale»
Monterusciello sud,
NAPOLI una delle porte d’ingresso al paese che non c’è. Anche se ha quarantamila abitanti ed è più grande di Pozzuoli. «Per accorgersi che noi ci siamo c’è voluto lo scandalo del concerto neomelodico per il ritorno a casa dei camorristi scarcerati — commenta il parroco della chiesa di Sant’Artema — ma questo non è il peggio. C’è ben altro». E’ vero, ce ne accorgeremo.
Uscendo dalla tangenziale è come ricevere un pugno nello stomaco: il panorama edilizio non potrebbe essere più squallido, l’intonaco si è staccato dalle pareti, le case sono basse, scatole prefabbricate addossate l’una all’altra, vennero messe su alla svelta dopo il bradisismo degli anni Ottanta con l’impegno che dopo venti anni sarebbero state demolite e sostituite. Stanno ancora in piedi, invece, ed è lì che c’è stato il concerto.
Il sindaco Figliolia si affanna a dire che «Pozzuoli non è camorra» e vuole organizzare un corteo per gridarlo. Fa bene ma deve riconoscere che Monterusciello è una mortificante incompiuta e che aveva visto giusto l’illustre urbanista Pier Luigi Cervellati il quale definì il quartiere dei «600 alloggi» — un nome non c’è, basta un numero come nei lager — «un insulto ai modi di abitare della gente del Sud».
Dalle pareti delle case sventolano centinaia di panni stesi ad asciugare approfittando del sole. È una immagine che ha fatto la storia del folclore partenopeo e non dovrebbe meravigliare, ma in questo accampamento «senza anima e senza tradizioni — così lo definisce don Elio Santaniello parroco di Sant’Artema — manca il calore del vicolo e le voci che rimbalzano da un balcone ad un altro». Manca la vita, insomma, e questa condizione aiuta a capire perché in quaranta anni di storia anonima e di abbandono Monterusciello sia stato sbattuto in prima pagina solo per la festa agli scarcerati.
La prima avvisaglia è la mancanza di una piazza, ma in compenso un monumento, uno solo, c’è ed è la Torre di Santa Chiara. Le strade, invece, sono larghe e piene di verde incolto, al punto che per ospitare degnamente una Festa dell’Unità con Giorgio Napolitano ospite di onore, venne scelto lo spiazzo destinato alla costruzione del mercato che, manco a dirlo, è rimasto sulla carta. Ora ce n’è uno all’aperto, settimanale, e le signore di Monterusciello vanno a fare la spesa vestite con gli abiti del giorno di festa «perché — afferma Ciro Biondi, addetto alla comunicazione della Curia — altre occasioragazzi? ni di incontro non ne hanno».
La smargiassata dei camorristi ha aperto un dibattito dai toni apparentemente accesi che, però, non ha affrontato il problema vero che è quello del degrado morale e della ragion d’essere di un paese concepito per essere una new town e diventato, negli anni, tutt’altra cosa, un niente urbanistico, uno sterminato dormitorio senza futuro. Monterusciello 2 abitata da un ceto borghese medio alto è riuscita a ritagliarsi un suo spazio nei parchi che confinano con i «600 alloggi»: sono anch’essi dormitori ma dotati di comfort. La differenza è significativa, ma la sostanza non cambia: Pozzuoli è lontana, Napoli ancora di più, Roma è scomparsa dall’immaginario.
Ora tocchiamo il nervo scoperto: qual è il rapporto tra Pozzuoli e le due città satelliti, Monterusciello e Toiano? Mancando risposte istituzionali lasciamo parlare ancora il sacerdote di frontiera che svolge uno straordinario lavoro di supplenza ospitando circa 700 ragazzi per attività sportive, ludiche e, soprattutto, per avviarli alla scuola. «Non ce la facciamo; è difficile motivarli, appena possono se la svignano, vivono in contesti familiari respingenti. Lo scandalo è questo, l’isolamento culturale, il concerto del neomelodico è in rapporto di causa ed effetto con l’abbandono nel quale vive una fetta rilevante della popolazione di Monterusciello. Qualcuno dice che non siamo periferia, ma come si può definire altrimenti una realtà nella quale, oltre al lavoro, mancano i servizi fondamentali per la vita di una comunità: la banca (il bancomat più vicino è ad Arco Felice), e un numero di luoghi di aggregazione, cinema compreso. La scuola funziona, ma molti istituti tecnici sono privi di laboratori. In compenso abbiamo tanti spazi abbandonati e tantissime promesse non mantenute. Cosa offriamo ai Bivaccano fino a notte sotto casa, fumano e quando vogliono concedersi qualcosa in più si ritrovano a mangiare panini cucinati su un furgone».
Proviamo, allora, a mettere un punto fermo partendo dalla mancanza di identità. «Questa non è più Pozzuoli — spiega Claudio Correale, un volontario esperto di comunicazione visiva — perché la contaminazione ha prodotto mutamenti anche genetici. C’è più Pozzuoli a Toiano, Monterusciello è venuta su brutta e
Il punto di crisi
Il paese è balzato agli onori della cronaca per il concerto ai camorristi scarcerati
Chi si ribella Cannavacciuolo: «Qui il bello c’è ma non si vede, per esempio la villa di Annibale»
senza anima, è da questo dato che occorre ripartire».
Teresa Cannavacciuolo, un entusiasmo da pasionaria e un’associazione di volontari da gestire, è l’unica voce in qualche modo fuori dal coro: «Divento cattiva quando sento dire che Monterusciello è brutta, qui il bello c’è ma non si vede, come la villa di Annibale affidata alla mia associazione. Non mi sorprendo, però, so bene che un puteolano, come dice un proverbio antico, se fa meno di sette cattiverie al giorno ringrazia San Procolo». Sarà così, ma Monterusciello resta il paese che non c’è. E qualcuno dovrà prima o poi accorgersene.