Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Zamuner «Sogno di organizzar­e una factory musicale»

Cantante jazz, classe ’93, sul palco del Diana in un concerto da solista

- Stefano de Stefano

È il disco più maturo, «Once upon a time», frutto del prestigios­o Premio Massimo Urbani, questo quinto album registrato da Emilia Zamuner, cantante jazz classe ’93, attesa domani sera ore 21 al Diana per un concerto-presentazi­one.«È vero – spiega la giovane musicista napoletana -, anche perché ci sono voluti tre anni per pubblicarl­o come riconoscim­ento del Premio intitolato al sassofonis­ta scomparso 26 anni fa. Ma soprattutt­o perché raccoglie una serie di celebri standard, come “What a little moon can do”, “Saint Vitus Dance”, “Fotografia” o “Selfportra­it in three colours”, che per me ha un sapore particolar­e». Ce ne vuole parlare? «È la prima volta che qualcuno lo incide cantandolo, me lo aveva segnalato il sassofonis­ta Giulio Martino che insieme a Marco Sannini (che mi ha seguito al Conservato­rio) è tra i “responsabi­li” della mia conversion­e jazz, all’inizio nata solo come un gioco. Mi fece ascoltare una versione live fatta da Elvis Costello ed eccolo qui in scaletta. Non a caso domani a suonare con me ci saranno proprio Martino e Sannino insieme al trio base con Piero Frassi al piano, Massimo Manzi alla batteria e Massimo Moriconi al contrabass­o».

Un repertorio di cavalli di battaglia di Billie Holiday, Horace Silver, Dee Dee Bridgewate­r e Carlos Jobim. Ha pensato mai di realizzare brani originali magari con maggiori intrecci con le sue radici musicali? «Certo, ho alcuni inediti, ma ci sto lavorando ancora, rientrano in una serie di progetti-sogno che coltivo per il mio futuro». Per esempio quali? «Su tutti quello di organizzar­e una factory musicale e letteraria permanente, dove creare la possibilit­à di incontri fra i tanti giovani talenti che abitano la nostra città. Noi napoletani siamo un po’ come gli allievi bravi che non studiano. Aspettiamo sempre che le cose si risolvano da sole. Invece dobbiamo impegnarci un po’ tutti di più perché sul piano della qualità non siamo secondi a nessuno. Un nucleo già c’è ed è quello che si è costruito intorno al festival che dirigo e che si svolge a marzo a Villa Pignatelli». È figlia d’arte, con la mamma, Maria Sbeglia e il papà Umberto, entrambi pianisti di formazione classica. Hanno storto il naso di fronte alla sua svolta jazz? «No, assolutame­nte. Anche a loro piace il jazz e una volta ho scoperto mio padre a leggere trascrizio­ni di Keith Jarrett». Infine i maestri per le voci. «Carlo Lomanto con cui ho inciso “Ella & Louis” e Maria Pia De Vito, un vero faro, cantante e napoletana come me».

Giulio Martino insieme a Marco Sannini è tra i responsabi­li della mia conversion­e artistica

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Ha pubblicato «Once upon a time», frutto del prestigios­o Premio Massimo Urbani, Zamuner, cantante jazz classe ’93 domani presenta il suo disco al Vomero
Giovane Ha pubblicato «Once upon a time», frutto del prestigios­o Premio Massimo Urbani, Zamuner, cantante jazz classe ’93 domani presenta il suo disco al Vomero

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