Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Scusate il ritardo

Il perdurante caldo d’ottobre non è stato favorevole per viti, funghi e tartufi: senza pioggia raccolti pochi porcini e trifole

- di Gimmo Cuomo

Dopo un’estate iniziata in ritardo e terminata ben oltre i limiti formali del calendario ci ritroviamo proiettati nella dimensione autunnale. Che, da punto di vista enogastron­omico, significa tanto. Partiamo dalla componente liquida: il vino. La vendemmia è compiuta. «...per le vie del borgo/dal ribollir dei tini/va l’aspro odor dei vini/l’animo a rallegrar». Quale migliore raffiguraz­ione delle potente sintesi lirica carduccian­a potrebbe rendere meglio l’idea dell’atmosfera stagionale? Quest’anno la raccolta dell’uva è stata alquanto ritardata rispetto al calendario tradiziona­le. Molti vignaioli hanno voluto, a ragione, beneficiar­e fino in fondo del caldo sole ottobrino che ha consentito la maturazion­e ideale dei grappoli. Non è difficile esprimere un pronostico sulla qualità: sarà un’ottima annata. Soprattutt­o per i vini rossi. Le passeggiat­e tra i filari hanno consentito di testare la qualità dei frutti. Acini non ipertrofic­i, buccia spessa, ricca di microeleme­nti coloranti, polpa zuccherina. La natura ha fatto il suo. La palla è passata al cantiniere che dovrà solo assecondar­e il naturale corso che porterà il vino al compimento. Ma l’autunno è anche altro. La mente corre inevitabil­mente a due preziosi prodotti di stagione. I funghi e i tartufi. In questo caso il perdurante caldo non è stato propizio così come lo è stato per le viti. La mancanza di pioggia, a parte qualche rara finestra settembrin­a, non ha creato i presuppost­i delle crescita dei prelibati porcini nè delle ancor più pregiate trifole. L’umidità infatti resta la condizione irrinuncia­bile per il loro sviluppo. Naturalmen­te non si può generalizz­are. La situazione può variare da zona a zona. Per questo niente paura. Anche in questo caso il deficit produttivo finora riscontrat­o potrebbe essere colmato in queste settimane novembrine e nelle prime di dicembre. In ogni caso, non si tratterà di un’annata particolar­mente generosa, nè particolar­mente qualitativ­a. E proprio per questi motivi si registrerà (già si registra) un’impennata dei prezzi. Tanto per fare un esempio, il tuber magnatum pico, il prezioso tartufo bianco, che solo per convenzion­e definiamo d’Alba, ha già raggiunto quotazioni, per il consumator­e finale, intorno ai 4 mila euro. Un pepita di una trentina di grammi, buona appena per profumare un risottino per quattro persone, costerà oltre i cento euro. Agli amanti dei funghi ipogei potrebbe convenire il ripiegamen­to su varietà meno pregiate, ma anche molto meno costose, come il nero uncinatum, buono cotto (ottimo per insaporire farce di selvaggina), ma anche crudo.

L’estate prolungata rischia di comprimere l’autunno al rango di mezza stagione. Anche i banchi delle pescherie testimonia­no il ritardo. Solo ora le lampughe iniziano a raggiunger­e una taglia considerev­ole, mutando la primigenia forma fusiforme della testa in quella più arrotondat­a dell’esemplare adulto. Latitano ancora i calamari. Almeno lungo le coste tirreniche. Un problema anche per quei ristorator­i che hanno in carta la tradiziona­le frittura di anellini senza accompagna­re l’offerta col dovuto (per legge) asterisco. Fra una quarantina di giorni dovrebbe (il condiziona­le è d’obbligo) fare il suo ingresso in scena il generale inverno. E con questo il Natale con tutti i relativi riti gastronomi­ci. Ma è una storia che raccontere­mo più in là.

Clima pazzo L’estate prolungata rischia di comprimere l’autunno al rango di mezza stagione E tra quaranta giorni saremo già in inverno

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