Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Rifondazione del Pd
A conti fatti, soprattutto nel Sud, non si è mosso nulla. Oggi Nicola scrive della necessità di una svolta. Vedremo. La svolta nel modo d’essere del partito deve tuttavia accompagnarsi ad una seria riflessione sulla linea politica. In assenza della quale non si andrebbe lontano. La vicenda politica che si è dipanata negli ultimi mesi e che ha visto sorgere un governo sulla base di un accordo tra Pd e grillini si proponeva un obiettivo: sconfiggere Salvini, il pericolo per la democrazia italiana.
Trascorsi meno di tre mesi, quando a guidare il governo è Giuseppe Conte (già a capo dell’esecutivo giallo verde) Salvini appare politicamente più forte di prima e il centro destra, con il vento in poppa, si prepara alla sfida per il governo del Paese. A cosa è servita la giravolta di agosto? A dare vita ad un governo senza maggioranza nel Paese, destinato a logorarsi sempre di più? Si vuole rispondere a questo interrogativo che è nella testa di tutti i militanti e gli iscritti del Pd? La sconfitta in Umbria parla chiaro. Ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. C’è qualcuno nel vertice del Pd che, con una formula che ricorda il miglior Catalano, sostiene sia meglio perdere in compagnia che perdere da soli.
Così stanno le cose. Nessuno che rifletta sui caratteri assunti da una Lega che sembra porre fine alle sparate contro l’euro e addirittura muovere con la cautela necessaria verso un approdo nel Ppe, né si cerca di capire il fenomeno del frantumarsi, nel volgere di un anno, del Movimento grillino i cui suffragi scivolano verso destra come il voto umbro conferma.
Soprattutto non si studia cosa sia cambiato nella società italiana, negli orientamenti dei cittadini. Niente. Se non si discute della situazione politica e non si valuta la necessità di un mutamento rispetto al corso rovinoso che sta prendendo la situazione, la rifondazione si ridurrà ad un espediente burocratico. Ne è consapevole Zingaretti? Infine una parola su Napoli. Molti amici e compagni hanno chiesto, vanamente, negli ultimi anni, l’avvio di un processo di rifondazione politica e organizzativa del partito. Un processo necessario per sottrarlo alla degenerazione correntizia, alle faide tra gruppi di potere, alla inconsistenza politica. Non se ne è fatto nulla. Si sono succeduti i commissari nel partito a Napoli, congressi straordinari sono stati convocati, tutto si è risolto, quando non si è finiti in tribunale, in una operazione di facciata.
Ora si annuncia, prima di Natale, un congresso. Si svolgerebbe sulla base di una intesa tra i capi corrente e i notabili residui che si contendono ciò che resta di quello che fu un grande partito. Con un tesseramento messo su secondo le tradizionali e sperimentate tecniche e una sostanziale assenza di confronto politico in una realtà come quella di Napoli del cui futuro occorrerebbe discutere con serietà e passione. Insomma un congresso che con la rifondazione di cui parla Nicola non avrebbe molto da spartire. Alla vigilia del voto per la Regione e a poco più di un anno dalle elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale. Si può evitare questa ennesima farsa?
Se vuole fare sul serio, Zingaretti si faccia valere, blocchi la messinscena e avvii da Napoli la riforma e la rifondazione del partito facendo leva sugli iscritti liberi dalle degenerazioni correntizie e sugli elettori. L’impresa non è facile ma è l’unica che vale la pena tentare.