Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Screening un investimento per il futuro
Dalla Consulta Nazionale un appello alla prevenzione incentivando i controlli prenatali «A breve un tavolo tecnico per valutare le patologie da includere in un nuovo decreto»
«Gli screening sono un investimento non un costo per il sistema sanitario nazionale. Un risparmio che riguarda non solo le cure ma anche gli ausili, insegnanti di sostegno ed educatori. Si risparmia una vagonata di soldi. E poi pensate se mettete insieme tutti i malati rari arriviamo a 2 milioni di anime di cui un 20% se curati subito, sin da piccoli, non diventerebbero disabili, spesso gravi se non gravissimi. È necessario, però, che ci sia la volontà politica di far qualcosa, passando dall’indifferenza all’azione».
Un appello determinato quello di Flavio Bertoglio, presidente della Consulta Nazionale Malattie Rare e dell’Associazione Italiana Mucopolisaccaridosi sull’importanza degli screening neonatali. Screening che in seguito all’emendamento Volpi alla Legge di Bilancio del dicembre 2018 hanno visto un ampliamento del panel di malattie comprese. Panel che si spera venga ulteriormente ampliato insieme a un’incentivazione dei farmaci orfani. Alcune richieste potrebbero trovare risposta a breve.
«Meglio che ci sia una legge seppur imperfetta che nessuna legge, ma c’è una contraddizione di base - continua Bertoglio - Abbiamo una nuova legge sugli screening neonatali che ha allargato il panel ad altre malattie ma se vogliamo renderla perfettibile andrebbe inserita una singola frase che dica, banalmente o forse no, che si devono fare gli screening neonatali per tutte le malattie rare che hanno o che avranno una cura, una terapia. Un passaggio chiave che ho reso noto al viceministro della Salute Pierpaolo Sileri che ha promesso di far partire a breve un tavolo tecnico per valutare le patologie da includere in un nuovo decreto».
Screening neonatali che, tra l’altro, permettono di ricorrere subito alle terapie necessarie in quella che è la cosiddetta finestra pre-sintomatica.
«Finestra che fa la differenza. Vi faccio un esempio chiaro. Conosco due fratelli. Alla sorella più grande è stata diagnosticata la Mps1, la mucopolisaccaridosi tipo 1, quando aveva circa 7 anni. Nonostante sia stata curata sin da quel momento oggi è innegabile che si notino i segni della malattia. Il fratello minore, invece, ha scoperto di avere la stessa malattia in seguito a uno screening fatto appena nato, proprio perché si era già a conoscenza della patologia della sorella. Oggi il ragazzo, grazie alla diagnosi, alla rapida presa in carico e alle terapie, non ha alcun sintomo». Cura che non “blocca” la malattia ma che ne limita esponenzialmente i sintomi e i danni.
«C’è da sempre il dibattito se curare i pazienti asintomatici o meno continua Bertoglio - Chiaramente questa situazione l’abbiamo superata a piè pari. Non importa tanto se ci sono o meno problemi di carattere clinico. Se si sa che il paziente è affetto d quella determinata malattia è purtroppo chiaro che, prima o poi, inizierà ad avere problemi. Ci sono eccezioni come ad esempio la malattia di Huntington, che sebbene presente a volte non si manifesta mai. Ma non si può misurare la regola basandosi sull’eccezione. Penso in particolare alle mucopolisaccaridosi. Sono 7 e tutte diverse a seconda dell’enzima che manca, ma tutte provocano gravi disabilità, se non addirittura la morte come è successo a mio figlio, venuto a mancare a 19 anni e mezzo. Ora se conosciamo che il decorso di una malattia è sicuro perché attendere limitando le possibilità di un paziente di avere una vita migliore? Soprattutto considerando che le cure sono molto più efficaci all’inizio di una patologia».