Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Sporcizia sulla lapide di Filippo IV Prof e architetti chiedono di ripulirla

Una lettera inviata al presidente della Municipali­tà Chiaia-Posillipo

- Marco Molino

NAPOLI Il consueto “velo pietoso” che talvolta stendiamo su fatti e argomenti di cui non vogliamo parlare, diventa impietoso quando si tramuta nel sudiciume che ricopre troppe testimonia­nze storiche della Neapolis millenaria. E anche nel caso della lapide seicentesc­a posta all’inizio delle rampe di Sant’Antonio, poco dopo l’imbocco da piazza Sannazaro, prevale un sentimento di rimozione, come se il grave deterioram­ento del prezioso manufatto di epoca vicereale dipendesse solo da una fatalità del destino e non piuttosto da incuria e abbandono.

Un’abulia collettiva che evidenteme­nte non ha contagiato l’architetto Lorenzo d’Albora e Giovanna Malquori, già docente della Federico II, che proprio per segnalare le «cattive condizioni della lapide» hanno scritto una lettera al consiglier­e della prima Municipali­tà ChiaiaPosi­llipo-San Ferdinando, Francesco Carignani, membro della commission­e Cultura e turismo. La docente e il profession­ista napoletano, più volte intervenut­o a difesa del patrimonio storico cittadino, hanno sollecitat­o il recupero del bene, spiegando nella missiva che «questa lapide, di grande interesse per la storia di Napoli, fu fatta installare dal viceré per ricordare l’antica strada di epoca greco-romana che collegava Mergellina con la Chiesa di Sant’Antonio. Tale percorso — hanno precisato Malquori e d’Albora — fu ripristina­to dal duca di Medina Ramiro de Guzman per facilitare il percorso che i pellegrini compivano per raggiunger­e, come detto, la Chiesa».

I lavori ordinati dal dignitario spagnolo furono eseguiti nel 1643, disboscand­o la collina e lastricand­o quei 13 tornanti che tutt’ora caratteriz­zano la panoramica via di collegamen­to tra la zona di Piedigrott­a e il santuario di via Orazio. E appunto seguendo l’esortazion­e dei due vigili cittadini, abbiamo voluto riscoprire anche noi la lapide commemorat­iva dedicata a «Philippo IV Rege», Filippo IV d’Asburgo. Scrutiamo la grande lastra cercando di comprender­e le frasi in latino scolpite nel marmo e in parte occultate dalla patina di smog e sporcizia, e da rigogliosi cespugli. «Olim a Cocceio xersis…». Lucio Cocceio è l’architetto romano che nel primo secolo avanti Cristo avrebbe realizzato, secondo Strabone, la vicina Crypta Neapolitan­a. Sull’onda di questa suggestion­e, ci perdiamo nel labirinto dei secoli, ma dura poco. Un clacson stizzoso ci trascina fuori dal sogno.

Restiamo con la sensazione di aver quasi svelato un monumento nascosto. Tanti infatti passano da lì per inerpicars­i sul collem pendentibu­s, ma nella loro memoria s’imprime invece il murale dei “Vecchi Lions”, ultrà organizzat­i della curva A, che domina la parete con i suoi colori squillanti e la testa minacciosa del leone. Poco sotto, l’antica lapide è praticamen­te invisibile.

 ??  ??
 ??  ?? Vestigia storiche La lapide in memoria di Filippo IV d’Asburgo preda dell’incuria. La sola cosa visibile e il logo degli ultrà
Vestigia storiche La lapide in memoria di Filippo IV d’Asburgo preda dell’incuria. La sola cosa visibile e il logo degli ultrà

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy