Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Per niente Candida
Cara Candida, perdere il mio fidanzato è diventata la mia più grande paura. Non sono mai stata gelosa, prima di lui. Stiamo insieme da un anno e lui è meraviglioso, mi fa sempre ridere e sentirmi apprezzata. Però, non lo fa solo con me. È il tipo di persona che lusinga tutti, è sempre affascinante con le persone e, in particolare, con le altre donne. Fa complimenti, dedica molto la sua attenzione. E, a volte, ho la sensazione, che apertamente flirti con tutte le ragazze più carine. Ho sempre disprezzato le donne gelose, ma non riesco a capire quanto io stia impazzendo o quanto lui mi dia ragione di dubitare. Da un po’, lui soffre le mie frecciatine e i miei commenti sulle sue interazioni con altre donne e il problema sta diventando pressante. Come posso risolvere la situazione prima che si troppo tardi?
Dubbiosa
Cara Dubbiosa, lei è alle prese con un uomo civettuolo, seduttivo non solo con lei. Alcuni lo fanno per «buona educazione», sono convinti che la galanteria e anche il suo eccesso sia un dovere del maschio. Altri lo fanno con il malcelato piacere di piacere. Intanto che lei lo osserva e ne trae le sue deduzioni, c’è una cosa che non deve concedersi: le frecciatine. Con le allusioni malevole, lei sta dando per scontata la malafede e non gli concede neanche il beneficio di spiegarsi, ma lo mette direttamente sotto accusa. Il che è la via migliore per generare rancore e diffidenza. Sarebbe invece consigliabile affrontare una discussione franca, spiegargli lei come si sente, che cosa la mette e disagio e provare a chiarirsi. Forse anche lui ha bisogno di vedersi con un occhio esterno, per non essere frainteso dall’interlocutrice di turno, per non rendersi ridicolo, per non mettere lei in una posizione scomoda e d’imbarazzo. Poi, se lui sostiene che i rischi sono tutti nella sua testa e che il suo comportamento è ineccepibile, tocca a lei farsi un esame di coscienza, e capire se ha travisato, se esagera e deve mettersi tranquilla o se il narciso va lasciato al suo destino.
Una single con il cuore che non batte Cara Candida, ho dimenticato com’è essere innamorati. Sono una donna di 45 anni single da anni. Ho provato gli appuntamenti online e ho incontrato uomini bravi e uomini mascalzoni, ma da quando è finita la mia ultima relazione seria, ormai sei anni fa, non ho sentito assolutamente nulla, nemmeno un brivido di romanticismo. Non posso neanche dire di aver subito chi sa quale delusione o trauma d’amore: ho avuto qualche bella storia, un amore molto lungo che si è spento poco a poco per noia e che è finito senza recriminazioni. Cerco con la memoria nel passato e ricordo slanci giovanili, struggimenti, tormenti, momenti di euforia, ma l’amore vero e proprio, non sono sicura di averlo provato. Comincio a chiedermi se non sono in grado di amare. Questa terribile sensazione si è acuita dalla perdita di mia nonna e del mio cane, a poca distanza: due eventi che mi stanno facendo sentire molto sola. Vorrei un po’ di calore, ma vedo le cose passare, finire, e io sento sempre tanto freddo.
Gelida
Cara Gelida, non ci s’innamora a comando. Ci s’innamora per caso, per errore, per la pura coincidenza di incontrare la persona giusta nel momento giusto per entrambi. Il segreto è avvicinarsi ai potenziali partner senza ansia e senza aspettative. Non c’è niente di peggio che star lì a sorvegliare ogni sensazione per disinnescare ogni possibile sensazione. E ogni pregiudizio è sconsigliabile: si rischia di accostarsi all’altro come a volerlo mettere sotto esame e anche i migliori di noi risultano perdenti nel confronto con un’ideale. Quanto a capire se quello che si prova è amore o no, è il mistero dei misteri, comprensibile solo a chi si adopera per conoscere se stesso. Troppe volte crediamo d’amare e non amiamo affatto. Crediamo che ogni variabile emotiva che ci provoca quella persona dipenda dall’amore. Crediamo che sia amore se ne siamo gelosi, ma magari è solo paura dell’abbandono. Crediamo che sia amore se ci mette ansia non averlo vicino, ma magari è solo mania di controllo. Crediamo di amare se ci dà euforia sentirci amati, e invece è solo bisogno di affermazione e di potere. Crediamo di amare se il desiderio batte forte, ma l’attrazione, da sola, non è amore. Crediamo di amare se sentiamo di non poter vivere senza di lui e invece è solo dipendenza affettiva. Crediamo di amare se l’altro ha il potere di cambiarci l’umore, ma nessuno ha questo potere se abbiamo imparato a chiamare per nome le nostre emozioni e capire da dove arrivano. Ogni piccolo trauma che è diventato complesso può disturbare la lettura di un rapporto e farci crede che sia amore o, al contrario, che non lo sia: la paura d’amare ci rende ciechi all’amore; l’anaffettività ci anestetizza all’amore. Se da bambini non abbiamo ricevuto un affetto sano, se abbiamo sperimentato il rifiuto o la freddezza, non sempre conosciamo il calore dell’amore, non sappiamo propiziarlo, darlo, riceverlo. Quando ci lamentiamo di un amore che non arriva, spesso è perché stiamo chiedendo all’«Amore» un miracolo che avviene solo se siamo in grado di riconoscerlo, accettarlo, gestirlo. Il miracolo dell’amore non sta nell’incontrare una persona perfetta, ma sta nel darci l’occasione per guardare dentro noi stessi e superare i nostri limiti. Se c’è una definizione corretta d’amore, l’ha data Gabriel Garcia Marquez quando ha scritto: «Ti amo non per chi sei, ma per chi sono io quando sono con te». È amore quando l’altro tira fuori non tanto le nostre emozioni più forti, ma la versione migliore di noi. Innamorarsi significa entrare in connessione con il nostro potenziale più vitale. È indispensabile che una persona arrivi con la chiave, ma non è sufficiente: prima, bisogna aver imparato a conoscere almeno un po’ le vie possibili che conducono alla nostra anima.