Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Radford: vi svelo Troisi segreto
«Con lui l’elenco delle scene divenne poesia Il nostro Postino compie venticinque anni»
Il regista britannico Michael Radford è sull’Isola azzurra ospite di Capri-Hollywood.
«Avevo visto i suoi film, nell’83 gli chiesi di interpretare il protagonista del mio Another Time, Another Place (ruolo poi andato a Giovanni Mauriello della Nccp, ndr) e Massimo mi disse di no: “In Scozia fa troppo freddo. Facciamolo uguale, ma a Napoli”. Ma a Napoli fa troppo caldo, gli risposi quando tempo dopo mi propose di dirigerlo in un altro film, stavolta partenopeo. Da quei rifiuti incrociati nacque un’amicizia intensissima e la voglia di lavorare insieme che si realizzò molti anni dopo, con Il Postino. E quando io, perplesso perché non conoscevo bene la cultura napoletana di cui era impregnato il progetto, gli annunciai che volevo rinunciarvi, lui mi disse: “Tu hai l’umanità, al resto ci pensiamo noi napoletani”».
«Il Postino»: film-mito girato a Procida e Salina che oggi compie 25 anni.
«Ed è ancora un’emozione fortissima e triste, il ricordo di un’amicizia e di una collaborazione straordinarie. L’esperienza più intensa della mia carriera».
Il regista britannico Michael Radford è sull’Isola azzurra ospite di Capri, Hollywood, che stasera premia a sorpresa Quentin Tarantino come «Regista dell’anno». Temporaneamente Radford si appoggia a un bastone per un problema all’anca e, passeggiando piano, mi parla del suo prossimo progetto: «Un biopic sulla coppia Jeanette MacDonald e Nelson Eddy, cantantiattori di grande successo nella Hollywood anni ‘30. E aspetto ancora l’ok da Al Pacino per il mio Re Lear», ma presto il discorso torna a Troisi.
Racconti...
«Aveva comprato i diritti del libro di Skarmeta, e per scrivere lo script con me e Anna Pavignano decise di andare il più lontano possibile: a Los Angeles dove, diceva, nessuno si sarebbe accorto di lui. Risultato: una sera andiamo a cenare a Santa Monica, in un ristorante italoamericano. Appena entrati, dai tavoli un solo grido: “Massimooo!” Lo avevano riconosciuto tutti”».
In realtà era già molto malato. Scelse gli Usa anche per andare a Houston per un controllo.
«All’epoca non sapevo che stesse così male, che il suo cuore era grande come un pallone e che c’era un problema alla valvola cardiaca. Facemmo delle prove, anche in bici, tutto sembrava andar bene. Pure le riprese a Procida. Poi, a Salina, crollò letteralmente sul set. Tornò a Roma, dovemmo fermare la produzione senza dire nulla al produttore Cecchi Gori, una cosa molto napulitana, poi Massimo decise di riprendere a lavorare. Ma poteva farlo non più di due ore al giorno, e sempre da seduto: avevamo trovato una controfigura che, di spalle, era identica a Massimo. In tutte le scene in cui Ruoppolo, il postino, cammina non c’è mai Massimo Troisi, è sempre Gerardo Ferrara. Sul set avevamo bombole di ossigeno e un elicottero pronto a partire in caso di necessità, dovemmo inventarci qualsiasi cosa per far fronte alla situazione».
Ad esempio?
«La soluzione che escogitai per il finale: il famoso elenco dei suoni dell’isola lasciati dal postino in eredità a Neruda. “Uno, onde alla cala di sotto, piccole; due, onde, grandi...”».
«... tre, vento della scogliera». Il momento più struggente del film.
«In realtà, quello era solo l’elenco delle scene da girare con le indicazioni per la troupe. Le feci leggere a Massimo in primo piano alternandoci poi sopra le immagini in campo lungo girate con la controfigura. E la mano che regge il microfono del registratore non è di Troisi. È la mia. Quei primi piani di Massimo furono girati a Cinecittà il 3 giugno. Subito dopo Massimo andò a Ostia a casa di una sorella. Ancora pochi giorni e sarebbe partito per Londra per il trapianto. Il pomeriggio del 7 il suo cuore si fermò per sempre».
Il postino e Troisi, lo stesso destino. «Anna Pavignano, sua compagna per tanti anni, mi ha sempre detto che Massimo era convinto che sarebbe morto prima dei 40 anni. Forse il trapianto lo avrebbe salvato, ma mi disse “Io sono un attore, recito con le emozioni e le emozioni vengono dal cuore. Il film voglio finirlo con il mio cuore”. E lo ha fatto. Un grande, straordinario uomo, e attore».
E regista.
«In verità solo in Italia Il Postino porta la firma sua e la mia. Nel resto del mondo è un film diretto dal solo Radford. Un colpo di mano della produzione, che ha pensato che con il nome di Troisi anche come regista il film in Italia avrebbe avuto più successo. Magari avrebbero dovuto avvertirmi. Certo, Il Postino è anche, profondamente suo: ma non come regista. Innanzitutto perché non era nelle condizioni fisiche per dirigerlo. E, principalmente, perché era stato lui a volermi». Anche se in fondo il cinema, come la poesia per il postino Ruoppolo «non è di chi lo fa, è di chi gli serve».
Capri Hollywood