Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Buona educazione La nuova regola
La buona educazione è o dovrebbe essere la regola di una politica e di un rapporto tra gruppi sociali, nel segno della laicità delle idee e dei comportamenti. L’ attuale situazione sembra caratterizzata oltre che da violenza verbale, da atteggiamenti volgari.
Non ci si scandalizza più di fronte a forme di aggressione che via via inondano il civile confronto, e in molti casi disorientano e allarmano. Anche se è giusto e normale che i partiti, i movimenti si affrontino e si scontrino in maniera dura e polemicamente aspra.
Ma ciò non legittima quel «passare il segno» che dovrebbe essere la condizione di una politica onesta. Negli ultimi tempi il dibattito è stato sommerso da un profluvio di luoghi comuni e di cattive parole, di allusioni volgari, di anatemi e altro ancora. Siamo di fronte a una deriva che difficilmente potrà essere corretta e emendata in una stagione successiva .
Dirigenti e parlamentari o maîtres à penser non facilmente potranno costruire un discorso serio, ove si consideri che sempre più frequentemente nel dialogo civile largo spazio è riservato all’invettiva, all’offesa. Bisognerebbe cominciare da qui, dalle parole, dall’analisi del linguaggio.
Di recente abbiamo assistito a violente esibizioni oratorie (si fa per dire) nelle aule parlamentari, senza un minimo rispetto per possibili argomentazioni legittime e necessarie più di quanto si possa immaginare. Che fare? Dissodare il terreno del dibattito politico. È questa la prima regola della buona educazione. Il dibattito non deve affatto promuovere verità o sostenere valori aprioristicamente, ma dovrebbe gettare semi di riflessione e di analisi critiche. L’altro avrà sempre qualche verità o qualche idea che esige attenzione. Tutto ciò non è da respingere o da accettare, ma è un terreno da coltivare addirittura con rigore. Queste parole, sono in qualche misura un modesto invito alla ragione, ovvero alla buona educazione, che è la vera qualità di ogni buona politica e di ogni confronto pubblico o privato che sia .
Capovolgiamo allora certi lemmi, mettiamo fuori gioco certe parole il lessico stravagante e volgare di tanti politici che si avvicendano maldestramente nello scenario e nel confronto pubblico, ribaltiamo tutto. Potremmo solo allora cominciare daccapo e tentare una svolta sorretta oltre che dalla cultura e dalle idee, dalla buona educazione.
La buona educazione non è una frase generica, un vago concetto argomentativo; è, al contrario, la condicio di ogni possibile impegno politico.
Se per un momento sospendiamo il giudizio su tante pagine di storia recente potremmo, forse, riappropriarci di un lessico nuovo, di parole nuove o rinominate. Un insegnamento di rilievo ci viene da questa enorme presenza di giovani e non, che hanno partecipato in questi giorni a tante manifestazioni democratiche senza richiamarsi ad alcun partito politico, ma alla urgenza di riscrivere un nuovo capitolo della storia .
A ben pensarci, al di là di singole appartenenze, per altro poste in maniera discreta è per la prima volta in Italia che assistiamo a un grande movimento etico. Diciamolo pure etico. Diverso anche dalle tante manifestazioni di massa che negli ultimi venti anni si sono succedute in Italia. Vale a dire un movimento rivolto a rifondare il lessico stesso della politica, il gusto della polemica e la rinominazione del dibattito civile. Una novità, dunque, da sottolineare, da studiare con attenzione e responsabilità. Ricominciamo daccapo, riscriviamo un nuovo e autentico lessico.
Quanti sono abituati allo scontro politico non possono non tener conto di questa nuova etica della politica, che inevitabilmente passa attraverso tutti gli schieramenti e dà forza e rigore al ragionare e al dibattito civile.
Quasi per incanto, si fa per dire, abbiamo riscoperto ancorché in modi non sempre «normali» il valore e la forza della buona educazione che non è una parola o un vago richiamo catechistico, ma è uno strumento atto a rimettere in gioco la qualità stessa del fare politica, del costruire, del ricominciare daccapo.