Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La società civile verso un bivio
Ma dove è finita la società civile, si è chiesto su queste colonne Antonio Polito, lanciando una salutare quanto opportuna provocazione che ha sollevato un’immediato e proficuo confronto.
Il tutto dopo gli ennesimi gravi episodi di violenza e intolleranza sociale verificatisi a Napoli. Per comodità di ragionamento proverei ad aggiungere sull’argomento una domanda ulteriore: ma come sta, la società civile a Napoli, in Campania e nel Mezzogiorno?
Non sorprenderà nessuno se la risposta,qui, e’ assai sconfortante. Lo attesta da tempo la flessione di un po’ tutti i parametri canonici di riferimento statistico: dall’occupazione, alla vivibilità alle tutele, alla qualità dei servizi. Cosicché, alla fine, prevale la percezione netta di quel blocco dell’ascensore sociale che ha caratterizzato nel trentennio immediatamente successivo al secondo conflitto mondiale il mitico boom economico. Ed è da tempo che l’ottimismo di quegli anni ha ceduto il passo a un diffuso senso di impotenza e paralisi. E se, poi, riflettiamo sul fatto che la cosiddetta società civile coincide, in larga parte, con quella sezione della collettività che le scienze economico sociali definiscono come middle class il cerchio si chiude. Che dalla middle class in salsa partenopea arrivino, dunque, forti segnali di sofferenza è un dato abbastanza inconfutabile e conferma una tendenza purtroppo consolidata.
Beninteso, gli episodi di intolleranza, aggressività, violenza che ogni tanto la cronaca, anche recente, è costretta a registrare, sono casi estremi di un imbarbarimento che la stragrande maggioranza della collettività condanna con sgomento e riprovazione. Ma è indubbio che, l’arretramento generale
dei parametri del benessere e delle sicurezze che la classe media subisce non aiutano a far scattare con l’automatismo e la forza necessari un’adeguata reazione di difesa. Il rischio,insomma di una progressiva, tacita assuefazione o rassegnazione c’è tutto: il che giustifica e rende utile, l’allarme iniziale di Polito: dov’è finita la risposta civile? Del resto, come acutamente ricordato tra i commenti al dibattito, da Eduardo Cicelyn, citando alcuni pensatori classici della filosofia politica occidentale,da Hobbes a Locke, la società civile è tutt’altro che uno stato di natura.
Perciò, nel momento in cui cede il reticolo protettivo delle infrastrutture della modernità e si smarrisce la direzione strategica che spetterebbe alla politica, il ripiegamento verso atteggiamenti primitivi di autodifesa di singoli o gruppi, lobbies e notabilati torna a minacciare la civile convivenza. Insomma, è vero: la società civile, la middle class che, di recente, ne ha subiti di colpi, appare un po’ eclissata ed è a un bivio. Ma può, forse, ancora scegliere di pesare in positivo. E, dunque, facendo di necessità, virtù, guardiamo all’oggi. Qui, da noi.
Si avvicinano, ormai, gli appuntamenti elettorali per il rinnovo del consiglio regionale campano, questa primavera, e di quello comunale, a Napoli, tra poco più di un anno. E non si sfugge, purtroppo, alla sensazione che su tutto possa ancora prevalere il partito anonimo del disorientamento e dell’astensione. Eppure, sarebbe proprio questo il momento di andare oltre i vecchi schemi e posizionamenti. Perchè, allora, la società civile, per quanto sofferente e in difficoltà, attraverso le sue molteplici espressioni associative da tempo operanti sul nostro territorio, non potrebbe provarsi a sparigliare il gioco, sfidando la politica su un terreno del tutto inedito e innovativo? Trasversale com’è, per sua natura, alla morfologia degli schieramenti, perchè non tentare di rompere gli schemi, lanciando, per esempio, una campagna di confronto aperto, per una grande alleanza dei produttori? Configurare un nuovo patto tra capitale e lavoro, tra imprenditori, lavoratori dipendenti e autonomi, giovani, donne, disoccupati, per costruire benessere, producendo ricchezza e vero sviluppo e non dissipando risorse, con un assistenzialismo di stampo populista.
In una parola,proprio quel ceto medio oppresso oggi da burocrazia tasse e inefficienze, perché non potrebbe provare a demolire quei muri ideologici e posticci tra fazioni opposte che bloccano la dinamica politica, stravolgendone ritualismi e linguaggi. Riformulare, insomma, riecheggiando il celebre verso di Gaber, l’irrisolto quesito: diteci, cos’è di Destra e cos’è di Sinistra.
Sarebbe, a ben vedere, una grande battaglia culturale e, se si vuole, una coraggiosa provocazione. Ma proprio in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, anche una bella sfida che, uscendo dal suo guscio, la società civile napoletana e campana potrebbe, rivolgere alla politica, riscattando il suo ruolo e dimostrando che in campo c’e’ e vuole contare.