Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Indagine sui napoletani che scelgono di restare
L’ultimo esempio, in ordine di cronaca, è il parcheggio di un piccolo Suv bianco, una di quelle piccole auto per bambini, nello spazio delle strisce blu come occupazione simbolica e fisica di un posto macchina. Illegale, ovvio, ma geniale. Esempio ultimo di una luna serie (ricordate le cinture di sicurezza disegnate sulle magliette?) capace di attestare, al di là del senso civico e del rispetto delle norme collettive, un dato evidente: il sorpasso della creatività sull’illegalità. Robe che solo a Napoli succedono. Che fanno ridere, sorprendono e indignano ma che, fuori dai confini di Partenope, fanno un mondo d’invidia.
A dispetto delle difficoltà, più spesso delle impossibilità di una città complessa e complicata. Che molti abbandonano ma che moltissimi altri scelgono. E allora quali sono i motivi che spingono persone straordinarie, esponenti della cultura e della scienza a convincerli a restare, a non andare via? Se lo chiede Anna Maria Liberatore, giornalista e scrittrice napoletana. Anzi, lo chiede a ventiquattro personaggi, da Andrea Ballabio a Gea Martire, da Mimmo Iodice ad Aldo Masullo, da Maurizio de Giovanni a Patrizio Rispo, da Raffaele Russo a Marina Colonna nel libro appena pubblicato con il titolo Napoletani
che restano (Homo Scrivens). Una serie di interviste «empatiche» costruite come una sorta di omaggio «alla grande bellezza della nostra terra», confessa l’autrice, «popolata da tantissimi brillanti intelligenze». Domande e risposte a cuore aperto a chi, resistendo alla sirena ammaliatrice della «diaspora», caparbiamente resta «a presidiare il corpo di una città che è riconosciuta come unica al mondo, uniti da un imprescindibile senso di appartenenza e di amore». Comune a tutti: imprenditori, pensatori, artisti e scienziati. Che restando, poi, contribuiscono a farla ancor più grande Napoli. E a testimonianza, una volta di più, che il genio abita a Napoli e «napoletano è titolo solo per residenti perché la nascita non basta» avverte Erri De Luca. Dal momento che «conta chi resta e ogni altro è forestiero». In ogni caso, a dispetto delle difficoltà e nonostante le battaglie quotidiane. Nel bene e nel male.