Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Tiziano, de Ribera e Giordano alla corte dei principi d’Avalos

Dal Prado al Louvre le opere commission­ate dai nobili: ci sono anche lavori di Tiziano, de Ribera e Van Dyck

- Di Natascia Festa a pagina

Di cosa parliamo quando parliamo dei d’Avalos. Da Tiziano Vecellio a Jusepe de Ribera, da Luca Giordano ad Anton van Dyck: i d’Avalos sono stati tra i più grandi committent­i d’arte d’Europa. E le opere eseguite per loro da artisti di fulgida fama, dal Cinquecent­o in poi, sono oggi nei musei più importanti del mondo. Dal Prado, che conserva l’Allocuzion­e di Alfonso

d’Avalos di Tiziano (1540-41) al Louvre, dov’è esposta L’Allegoria coniugale, sempre del Vecellio, databile intorno al 1528. Qui gli sposi della casata, travestiti da Marte e Venere, sono accompagna­ti da Cupido, da Vesta coronata di mirto e da Imeneo che porge un cesto di frutta e fiori (foto a destra). Dello stesso grande pittore è il ritratto di Alfonso d’Avalos acquistato nel 2003 dal Getty Museum di Los Angeles per 70 milioni di dollari. Ed è solo la punta dell’iceberg.

Nella triste cronaca contempora­nea — lo sfratto del principe Andrea dal palazzo di via dei Mille passato nel possesso della Vasto, e quella degli arredi ancora in un deposito di Agnano — accendere la macchina del tempo ha un valore anche risarcitor­io. Reperibile solo in antiquaria, il catalogo della mostra tenuta a Castel Sant’Elmo tra 1994 e 1995, intitolata I tesori dei d’Avalos è uno scrigno ricco di notizie, utile a fare il punto su un patrimonio sterminato.

La maggior parte rimasta a Napoli fu donata con legato testamenta­rio da Alfonso d’Avalos al Museo Nazionale. Si trattava dell’imponente pinacoteca della residenza di famiglia. Contro questa decisione si appellaron­o gli eredi che dopo vent’anni persero la causa contro lo Stato.

A Pier Luigi Leone de Castris, coordinato­re della mostra, si deve la ricostruzi­one di questo importante passaggio. «E soprattutt­o non si può trascurare — scrive nel suo intervento — come agli occhi dei responsabi­li e curatori del museo dovesse apparire la massa di oltre settecento pezzi di cui si componeva la raccolta, in gran parte censita nel 1862-1868 nel palazzo napoletano dal notaio Nicola Scotto di Santolo, e più tardi integrata da un’altra partita di quadri e cornici provenient­e dall’amministra­zione degli Abruzzi. C’erano i sette celebri grandiosi arazzi della Battaglia di Pavia ma anche un’ottantina di pezzi, strisce e frammenti di ricami provenient­i da più ampie composizio­ni: c’erano circa cinquecent­o dipinti ma anche un centinaio di stampe, miniature e litografie, e ventisei reliquiari e altarini di cartone per la devozione privata».

Lo stato di conservazi­one non era affatto buono così «non c’è molto da stupirsi» dice de Castris se quasi tutto finì nei depositi. È solo all’alba del Novecento che inizia l’esposizion­e degli arazzi e di una parte delle opere mentre «...i dipinti considerat­i di “scarto” o “irrecupera­bili” già negli inventari d’Avalos, restarono nei depositi del Museo Nazionale (e poi di Capodimont­e), e nei depositi si mescolaron­o con gli “scarti” della collezione farnesiana e di quella borbonica fino a costituire un’immensa ed unica “riserva” di quadri non esposti».

«E le sorprese — scrive Nicola Spinosa — a lavoro di ricognizio­ne ultimato, non sono mancate! Sorprese per le opere passate dal 1957 a Capodimont­e, dove nell’ignoranza di molti, si conservano ancora i nuclei più prestigios­i dell’antica raccolta». Sarebbe interessan­te sapere oggi, dopo 25 anni da quella importante mostra, quale sia la collocazio­ne dei tesori d’Avalos tra sale e cosiddetti «scarti» nei depositi.

Depositi

Molti quadri, tele e stampe in cattivo stato, definiti scarti, sono stati conservati, non esposti

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A sinistra de Ribera, Apollo
e Marsia. Sopra Pacecco de Rosa, Venere dormiente scoperta da un satiro (entrambe a Capodimont­e)
sotto L’Allegoria coniugale di Tiziano al Louvre
Opere A sinistra de Ribera, Apollo e Marsia. Sopra Pacecco de Rosa, Venere dormiente scoperta da un satiro (entrambe a Capodimont­e) sotto L’Allegoria coniugale di Tiziano al Louvre
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