Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Int ’o rione Incidente o fatalità? Storia di Vera

- di Fortunato Cerlino

«Venite, da questa parte… follow me». Vera invita i due turisti sul pianerotto­lo ad entrare nell’appartamen­to.

«Ecco, questo è il soggiorno… D living rum».

Come se fosse la prima volta, anche lei si sofferma a guardare casa sua. Si compiace con sé stessa per l’ottimo lavoro svolto. Una pulizia abbastanza accurata, una lavata di faccia alle pareti, qualche mobile Ikea e una serie di suppellett­ili e statuine che non lasciano alcun dubbio su dove si trovino i due turisti. Una maschera di Pulcinella appesa al muro, due tammorre sulla credenza insieme ad una pastore che raffigura Totò e un altro Eduardo. Dietro al divano c’è anche una gigantogra­fia in bianco e nero di Sofia Loren in una memorabile scena de «La ciociara».

Come benvenuto per i due clienti, due sfogliatel­le ricce poggiate sul tavolino. Pensare che solo qualche giorno fa quel soggiorno somigliava più a una discarica che a una stanza. C’era perfino una cyclette inutilizza­ta da anni, oltre alle coppe vinte dal marito a calcetto, i calzini dei figli appesi al ventilator­e, magliette sporche sui termosifon­i e finanche il motore di una vecchia lavatrice che languiva da mesi dietro il televisore. Il marito di Vera era convinto di poterlo aggiustare.

«Chillo è ancora buono!». Nonostante le proteste, la donna è riuscita a convincere tutti a fare ordine e a buttare via le cose inutili accampate ovunque. Ora segue con attenzione lo sguardo dei suoi ospiti sperando che

non vadano a curiosare proprio dove non è riuscita ad intervenir­e. Nonostante i suoi sforzi infatti, il marito e i figli fanno fatica a capire che devono cambiare stile di vita adesso che la casa è diventata fonte di reddito. Vivere nella confusione è più forte di loro. I cestini della spazzatura per esempio. Vera ne ha comprati tre, uno per la carta, uno per la plastica e un altro per i rifiuti organici. Ieri sera ha trovato il marito perplesso con una busta di latte in mano.

«E chesta mo addó va?».

Per le cicche di sigarette si è organizzat­a diversamen­te. Oltre a decretare il divieto di fumo in casa, ha disposto tre posacenere sul balconcino.

«’E mozziconi buttali qua, poi ce penso io!».

Stamattina, poco prima dell’arrivo dei primi clienti, ha trovato tre cicche spente sotto al tavolino del soggiorno, i telecomand­i unti e il cartone di una pizza nascosto sotto al divano.

«Ma quella non è carta normale, è sporca ‘e pummarola!» ha protestato il marito.

Ai figli invece proprio non va a genio la nuova regola di lasciare le scarpe all’ingresso.

«Ma chillo fa freddo!».

«Mica simme americani nuje?». «Gli stranieri accussì vivono!». «Senza scarpe?». «Sissignore! Non li vedete nei film? In casa stanno sempre scalzi. Se overamente vogliamo buttarci dinto a stu business del bred e bredfast, dobbiamo adattarci e far sembrare casa nostro nu poco chiu civile. Comme ha fatto ‘o sindaco con la nostra città».

«Se, se… ‘o sapimme nuje addó sta nascosta ‘a monnezza!».

I due turisti sorridono soddisfatt­i. In effetti il soggiorno è proprio come appare nelle foto che Vera ha pubblicato solo una settimana prima su internet.

«Teneva raggione Rusenella» pensa. «Mo ce facimme nu sacco ‘e soldi!».

Facendo strada conduce i due turisti nella stanza loro assegnata. È la più spaziosa della casa. Inoltre dal balcone si può ammirare una piccola porzione di palazzo reale, per questo sulla targhetta esposta in corridoio c’è scritto, ‘a stanza do re.

«D ching rum!» esclama soddisfatt­a la donna mostrandol­a agli stranieri. Uno dei due chiede di vedere il bagno. Vera prima impallidis­ce, poi sorride. Apre lentamente la porta del servizio. Fortunatam­ente è tutto in ordine, a parte qualche schizzo sospetto dietro la tazza e la saponetta fuori posto, ma i turisti non sembrano farci caso. Non si sono nemmeno accorti della macchia di muffa dietro alla foto puzzle del panorama di Napoli. Per farla sparire servirebbe un intervento struttural­e troppo costoso, ma d’altra parte nemmeno il sindaco è riuscito a liberare proprio tutte le strade dalla monnezza.

La stanza per gli ospiti è davvero un gioiellino. Vera l’ha tenuta chiusa a chiave per non far entrare quei vandali dei figli e del marito. Finalmente i due clienti posano le valigie e cominciano a sistemarsi.

«Vado a preparare il foglio per le firme… cecchin… cecchin...».

«Yes, check- in».

«Bravo, gud!» dice mostrando il pollice come ha visto fare agli attori americani, anche se dai documenti si rende conto che quei due potrebbero essere tedeschi.

Chiudendo la porta tira un sospiro di sollievo e si avvia in corridoio per tornare in soggiorno.

La vogliamo chiamare sfortuna, oppure incidente? Sta di fatto che quello che accade a Vera è il risultato della capa tosta dei suoi congiunti, che nonostante gli sforzi proprio non sono riusciti a cambiare atteggiame­nto. Tutto accade in un istante, senza che lei possa nemmeno rendersene conto. La porticina di legno dello sgabuzzino in alto si spalanca proprio mentre la sventurata ci passa sotto. Vera stramazza al suolo sepolta da magliette sporche, calzini bucati, le coppe dei tornei di calcetto, la cyclette e il motore della lavatrice scassato. Prima di perdere i sensi, il suo ultimo pensiero va all’incidente della metropolit­ana avvenuto pochi giorni prima nella stazione di Piscinola.

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