Corriere del Mezzogiorno (Campania)
DOPPIO GELARDI TRA MADRE E NEST
Il drammaturgo al museo come regista e al teatro come autore In via Settembrini debutta con «La rosa del mio giardino» Nello spazio di San Giovanni ritorna il suo «12 baci sulla bocca»
Èil momento di Mario Gelardi, l’autore e regista che ha ideato e dirige il Nuovo teatro Sanità, e che dopo la pubblicazione di una raccolta di testi, «Imperfezioni», edita da E&S, è stasera protagonista con due pièce, al Madre e al Nest. Nel Museo della Fondazione Donnaregina dirige una novità come «La rosa del mio giardino - Ultimo ballo a Fuente Grande» di Claudio Finelli, con Simone Borrelli e Riccardo Ciccarelli, mentre nella sala di San Giovanni c’è il ritorno del suo storico «12 baci sulla bocca», diretto da Giuseppe Miale di Mauro: due vicende di amicizia e di amore al maschile.
Nella sala Re_Pubblica Madre, lo spettacolo (stasera e domani alle 21, domenica alle 18 e alle 20 conferma la collaborazione fra il museo d’arte contemporanea e il NtS, con una vicenda che ha per protagonisti Lorca e Dalì, a partire dalle lettere ritrovate, indirizzate da Salvador Dalì a Federico García Lorca. Finelli ha invece immaginato le risposte del poeta all’amico pittore. «Abbiamo lasciato inalterata la separazione (anche fisica) tra i due artisti - spiega Gelardi -, nonostante il legame, mai diventato vero amore, così come agognato da Lorca. Le lettere di Dalì, inviate all’amico, raccontano di un rapporto cinico che si scontrava con una disperata ricerca sentimentale. L’ultimo incontro, l’ultimo ballo tra i due segna la fine di un’amicizia, forse di un amore, sicuramente la fine di una vita».
Al Nest (da stasera a domenica), Francesco Di Leva, Stefano Meglio e Andrea Vellotti ridaranno vita invece all’inatteso intreccio affettivo che coinvolge un giovane lavapiatti, il proprietario del ristorante e suo fratello «ripulito». «Abbiamo ambientato “12 baci” negli anni ‘70 – spiega Miale - per costruire un tessuto emotivo ancora più claustrofobico. Originariamente il testo era legato ai giorni nostri, dopo una tragedia omofobica che avrebbe spinto però lo spettacolo troppo verso la cronaca e meno verso il simbolismo necessario a teatro».