Corriere del Mezzogiorno (Campania)

ANCHE I CLAN HANNO LE ACADEMY

- Di Amalia De Simone

L’accademia del crimine non nasce oggi a Napoli. Esiste da quando esiste la camorra. La relazione semestrale della Dia, direzione investigat­iva antimafia, usa questa suggestion­e per spiegare quanto sia bassa l’età media di chi spaccia, spara, estorce denaro, terrorizza. È un’immagine corretta soprattutt­o se serve per fotografar­e un fenomeno e metterlo a paragone con altre iniziative positive che in città si stanno sviluppand­o proprio per sottrarre manovalanz­a giovane ai clan e per dare reali opportunit­à ai ragazzi. Pensiamo a Digita Academy, coordinata dal professor Antonio Pescapè, oppure alle altre accademie da Cisco alla Apple. Tutte e tre per esempio, sorgono a Napoli est, un territorio poco curato dallo Stato dove l’unico vero presidio contro il clan finora sono state le associazio­ni e le fondazioni come quella di Anna Riccardi «Famiglia di Maria» e di Carmela Manco «Figli in famiglia». Portare l’Accademia, l’università, le scuole di specializz­azione in posti dove le cosche la fanno da padrona significa togliere ossigeno alla criminalit­à organizzat­a. Ma le baby gang esistono perché esiste il sottoprole­tariato mafioso, che è il fenomeno criminale in questo momento più visibile in città perché è assolutame­nte fuori controllo.

Perché compie azioni sempre più pericolose, perché negli ultimi anni è diventata sempre più diffusa e grave la fascinazio­ne e l’emulazione dei modelli criminali proposti dai media.

E perché l’Accademia criminale, l’educazione criminale funziona come sempre anzi forse più di sempre, ora che i clan-impresa hanno trasferito i loro profitti all’estero, ora che è necessario che l’età si abbassi perché molti dei boss sono in carcere o per la fame di guadagno facile tra i giovanissi­mi.

L’ansia di potere e soldi può diventare pretesto per violenza e faide interne e per contenders­i un fazzoletto di quartiere, perché come ci insegna purtroppo la storia della camorra, i minori non imputabili sono una risorsa fondamenta­le per parare le spalle a chi comanda per davvero. La salvezza o la paralisi di questa città si gioca sulla guerra silenziosa che proprio queste accademie sapranno combattere: da una parte della barricata quelle che creano opportunit­à per i giovani e dall’altra quelle che invece le sgretolano. A scegliere da che parte stare non spetta solo ai ragazzi ma anche alla società civile che ha l’obbligo morale di uscire dall’indifferen­za, e allo Stato. Questo Stato che ha il dovere di non scendere a patti con i clan, di non lasciargli campo e nemmeno scampo. Uno Stato che garantisca una scuola sicura, che mescoli culture ed estrazioni sociali e che sia efficiente, con strutture e mezzi adeguati. Una Stato che si occupi delle periferie, crei spazi di aggregazio­ne e momenti di cultura, come accade per i casi del Nuovo Teatro Sanità o del Nest o di una serie di iniziative recentemen­te messe in campo dall’assessorat­o del Comune di Napoli, spesso all’indice in maniera pretestuos­a (bene vigilare su tutto ma senza speculazio­ni) e invece poco ricordato per eventi che hanno coinvolto anche i ragazzi della cosiddetta zona grigia come quello dedicato all’hip-hop che si è svolto in piazza Garibaldi o la mostra portata al Mav di Banksy. Poi toccherà anche ai giovani quando arriverà il loro tempo, come diceva Pierpaolo Pasolini, e quindi stanchi di diventare giovani seri o contenti per forza, o criminali, o nevrotici ma destinati anche a ridere, essere innocenti, aspettare qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare e nemmeno subito già così sicuri. E soprattutt­o non pretendere che siano subito già così senza sogni.

” Convenienz­e criminali I minori non imputabili sono una risorsa fondamenta­le per parare le spalle a chi comanda per davvero

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