Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La mappa dei tesori d’Avalos
Il direttore ricostruisce la storia dell’imponente donazione
Il fondo D’Avalos è giunto all’attuale Museo e Real Bosco di Capodimonte, a seguito di un legato testamentario della famiglia allo Stato italiano datato 1862 a cura del notaio Scotto di Santolo che il 29 settembre 1862 dà il via all’inventario dei beni del defunto signor Marchese del Vasto e Principe di Pescara Don Alfonso d’Avalos: «305 beni, dati in consegna al signor Gaetano Macaluso delegato dal Museo Nazionale per riceverne la consegna e farli trasportare al Museo Nazionale». Le opere d’arte della collezione d’Avalos, insieme alle altre raccolte di arte medievale e moderna, furono separate dalle antichità archeologiche.
Dopo gli articoli pubblicati in questi giorni sul patrimonio artistico donato dai d’Avalos, il direttore del museo di Capodimonte Sylvain Bellenger, fornisce una dettagliata e preziosa mappatura delle opere custodite nelle sale e nei depositi della «Reggia» e, nel corso tempo, esposte e valorizzate in mostre e collezioni presso lo stesso museo o con prestiti all’estero.
E trasferite al costituendo Museo e Gallerie nazionali di Capodimonte inaugurato nel 1957 e distribuite in parte nelle sale e in parte in deposito. Grazie a questa donazione, e al successivo lavoro di ricognizione, valorizzazione e restauro delle opere, buona parte della collezione d’Avalos non è andata dispersa ed è custodita, e in gran parte esposta, oggi al Museo di Capodimonte. I grandi capolavori hanno trovato spazio nel Museo prima nell’allestimento Molajoli e poi in quello degli anni Novanta di Nicola Spinosa che dedicò alla collezione d’Avalos un’intera sezione del secondo piano (dalla sala 98 alla 101) esponendo, tra gli altri, Luca Giordano (Lucrezia e Tarquinio, Venere dormiente con Cupido), Andrea Vaccaro (Rinaldo e Armida), Jusepe de Ribera (Apollo e Marsia), Pacecco De Rosa (Bagno di Diana) e le nature morte di Giuseppe Recco (Natura morta con pesci) e Abraham Bruegel-Giuseppe Ruoppolo (Natura morta con frutta e fiori). Sotto la direzione di Spinosa, al fondo d’Avalos furono dedicate la grande mostra «I tesori dei d’Avalos. Committenza e collezionismo di una grande famiglia napoletana» a cura di
Pierluigi Leone de Castris (Napoli, Castel Sant’Elmo, 22 ottobre 1994-22 maggio 1995) che ricostruì anche il nucleo delle nature morte oggi esposte in sala 92 secondo piano, e nel 1996 un’intera sezione all’interno della mostra «Napoli! Museo nazionale di Capodimonte» presso il Kunst und Ausstellungshalle di Bonn, con i delicati ricami identificati da Linda Martino e restaurati per l’occasione.
I capolavori d’Avalos continuano ancora oggi ad essere valorizzati sia in mostre temporanee in Italia e all’estero, sia nelle collezioni permanenti di Capodimonte: 42 le opere stabilmente esposte tra cui il Parato con le Muse dei maestri ricamatori napoletani nell’Auditorium del Museo e la Serie di sette arazzi con epidosi della battaglia di Pavia nella sala ad essi dedicata al secondo piano, prima con illuminazione a luce naturale nell’allestimento Molajoli e poi a luce artificiale alla fine degli anni Novanta, con il riallestimento di Nicola Spinosa, dopo essere stati restaurati a Parigi dalla ditta Chevalier grazie al sostegno di Giovanni e Marella Agnelli.
Le opere non esposte non si trovano «in sotterranei» ma in depositi che garantiscono tutte le condizioni di climatizzazione e umidità necessarie alla loro conservazione e per molte di esse viene prevista una esposizione a rotazione nelle sale allorquando altre lasciano il museo in occasione di prestiti per mostre temporanee.
I delicati ricami vengono esposti per esigenze conservative solo per brevi lassi temporali. Le altre opere restano in deposito perché donate già in cattivo stato di conservazione, con tele lacere o parti mancanti come documentato già dal legato testamentario del 1862 che precisava: «molti quadri sono di pochissimo conto per valore artistico e per lo stato di massimo deperimento, di nessun merito o di assoluto scarto, in tela deprezzatissima e senza telaio». Molte di queste furono restaurate ed esposte in occasione della mostra «Fulgidi amori, ameni siti e perigliose cacce» (Padula, Certosa di San Lorenzo, 10 agosto-15 ottobre 1993) a cura di Vega de Martini.
Di recente, alcune opere del fondo d’Avalos in deposito sono state esposte nelle mostre «Carta Bianca. Capodimonte Imaginaire» (conclusasi l’11 novembre 2018) a cura di chi scrive e di Andrea Viliani, in particolare, nella sala curata da Giuliana Bruno, docente di Visual Environmental Studies alla Harvard University e in «Depositi di Capodimonte. Storie ancora da scrivere» (conclusasi il 15 ottobre 2019), a cura di Maria Tamajo Contarini e Carmine Romano. In quest’ultima mostra, dedicata al ruolo dei depositi nella vita culturale quali custodi del patrimonio inalienabile al di là dei cambiamenti di gusto storico-artistico, sono state esposte 22 tele tra cui il Ritratto di Isabella d’Avalos e il Ritratto di Vittoria Colonna, entrambe di un ignoto del XVI secolo.
Alcuni dipinti sono oggi valorizzati in mostre temporanee in Italia e all’estero. È il caso di Jusepe de Ribera, Apollo e Marsia; Pacecco de Rosa, Venere dormiente scoperta da un satiro; Luca Giordano, Cristo deposto; Sant’Alessio morente; Venere dormiente con Cupido e satiro; Tarquinio e Lucrezia e Polifemo e Galatea tutti al momento esposti al Petit Palais di Parigi per la mostra «Le triomphe de la peinture napolitaine» (fino al 23 febbraio 2020) a cura di Stefano Causa e Patrizia Piscitello. Un altro Luca Giordano, Venere, Marte e Cupido, è in mostra negli Stati Uniti nella città di Seattle (fino al 26 gennaio 2020) e poi a Fort Worth (fino al 14 giugno 2020) per l’esposizione «Flesh and Blood. Italian masterpieces from the Capodimonte Museum». I dipinti di Pierre-Jacques Antoine Volaire, Eruzione del Vesuvio dal Ponte della Maddalena
e Notturno napoletano con tarantella in riva la mare, invece, sono esposti al primo piano, sala 43 (sala del Vesuvio) nell’ambito della mostra «Napoli Napoli. Di lava, porcellana e musica» (fino al 20 settembre 2020) a cura di chi scrive. Il dipinto di Matthias Stomer, Adorazione dei pastori, è in mostra a Palazzo Abatellis a Palermo mentre Pacecco de Rosa, Il Bagno di Diana, è in mostra a Palazzo Chiericati a Vicenza.
Altre 35 opere del fondo d’Avalos, invece, per finalità di decoro istituzionale sono andate in sottoconsegna, tra il 1926 e il 2012, presso vari enti (Senato, Camera dei Deputati, Museo Duca di Martina, Villa Rosebery e altri), e sono sottoposte a monitoraggio periodico.