Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Drammatico dossier Cgil, crollano imprese e lavoro
Su centoventi aziende ben centosette hanno chiesto di accedere agli ammortizzatori sociali
NAPOLI Le 120 imprese della Campania con oltre 15 dipendenti sotto la lente di ingrandimento di una indagine promossa dalla Cgil Campania con il proprio istituto di ricerca Ires. Il risultato che ne viene fuori conferma non solo che la regione non riesce ad uscire dalla crisi che si trascina da 10 anni, ma che probabilmente non ritornerà più ai livelli antecedenti al 2008.
Un segnale in questa direzione viene dal comune in assoluto con le maggiori preesistenze industriali sul territorio, Pomigliano D’Arco, che continua a perdere in termini di valore aggiunto, pur essendo la patria di Fca, Leonardo e tante aziende satelliti operanti nell’indotto, con la certezza che non raggiungerà mai più i livelli economici ed occupazionali dei decenni precedenti.
Il segretario generale della Cgil Campania Nicola Ricci, il responsabile del dipartimento regionale Contrattazione, Mercato del Lavoro e Vertenze Maurizio Mascoli ed il responsabile Ires Campania Giovanni De Falco illustrano i contenuti di un rapporto (che, hanno ricordato, è solo la prima parte di un lavoro che interesserà anche la grande distribuzione, gli appalti il credito, il trasporto locale, la sanità privata e i servizi per pervenire ad una ricostruzione completa della situazione esistente) che non ha alcuna cifra positiva.
In dettaglio, il settore metalmeccanico ha 53 imprese coinvolte in processi di crisi o ristrutturazione aziendale, di cui 13 dell’automotive, 6 dell’aeronautica, 5 dell’impiantistica e via a scendere fino a 1 delle telecomunicazioni; segue l’edilizia con 16 aziende esaminate e risultati spaventosi, come la perdita in 10 anni di 40 mila ore lavorate e 50 mila addetti, 300 milioni persi di monte salario e 7 mila ditte cancellate. Altrettanto male va nella gomma/plastica con la componentistica ai limiti del collasso, nella chimica con il vetro e la ceramica che non producono quasi più, e nell’alimentazione e nel comparto carta e cartoni. In pratica, non ci sono eccezioni. Come dire: non si salva nessuno. Lo confermano i numeri relativi al personale. Sono stati censiti 20.900 occupati. Di questi, nel 2019 ne sono stati licenziati 1648, altri 4758 sono stati dichiarati in esubero, in pratica rischiano la stessa fine. Addirittura, 107 aziende su 120 hanno fatto richiesta di accesso agli ammortizzatori sociali: 3 per la cassa integrazione guadagni ordinaria, 29 per i contratti di solidarietà, 15 per la Naspi, 14 per la cig straordinaria, 7 per la mobilità in deroga, 3 per la cig per cessazione attività, 2 per la cig in deroga. Un ventaglio di istanze legate soprattutto alla debolezza e all’assenza di aree di mercato dovute pure alla crisi dei consumi, e solo per il 25% del totale a crisi finanziarie e a ristrutturazioni aziendali.
Un riferimento, questo, drammatico, perché quando le difficoltà originano dalla mancata vendita del prodotto viene meno l’equilibrio tra domanda ed offerta su cui si regge il mercato, e il tutto si traduce in un pericolo di chiusura attività per i 2/3 delle società. Significa che se le istituzioni nazionali e locali non mettono mano subito ad una politica industriale vera, il destino del secondario in Campania appare irrimediabilmente segnato.