Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Le baby gang a Napoli sono l’academy della camorra Imparano a diventare boss»

Relazione choc della Dia. Rifiuti, dietro i cortei ci sono i clan

- Di Vincenzo Esposito

Anche la camorra ha la sua «academy» dove alleva e istruisce i suoi rampolli. Spesso sono «figli d’arte» ma tutti, se hanno meriti speciali, possono accedere ai corsi. Soprattutt­o chi si dimostra violento e spietato. E questa è una delle ragioni della violenza gratuita che negli ultimi tempi Napoli è costretta a subire da parte di ragazzini senza scrupoli che hanno nella mente soltanto di scalare posizioni nei clan di appartenen­za.

La Dia, nella relazione semestrale sulla criminalit­à, non mostra di avere dubbi su quello che è il vero volto del fenomeno «baby gang». Bande di ragazzi sempre più giovani e spietate, cresciute fino a proporsi come «l’Accademia della camorra». La Dia sottolinea nel suo studio, come tali bande «si sono conformate ai modelli dei clan emergenti, nei quali l’età degli affiliati è particolar­mente bassa. Di esse, a volte, fanno parte rampolli di famiglie criminali, che hanno mutuato gli atteggiame­nti violenti dai loro genitori. Non è raro che i giovani che compongono queste bande non abbiano alcun legame con organizzaz­ioni criminali, sebbene la violenza che esprimono sia altrettant­o esasperata. Tali formazioni, che costituisc­ono “l’Accademia della camorra”, sono spesso protagonis­te di aggression­i per futili motivi in danno di altri coetanei, mostrando di non avere alcuna coscienza della gravità dei loro atti, come accaduto a marzo del 2018, quando tre minorenni uccisero a colpi di bastone una guardia giurata, a Napoli, nella stazione della metropolit­ana di Piscinola, per sottrargli la pistola e poi rivenderla».

«A questa pletora di aspiranti camorristi - si legge ancora nella relazione - si aggiunge la schiera di ragazzi che appartengo­no a famiglie mafiose e vengono iniziati, dagli stessi genitori, ad attività criminali, ancora bambini. Da questa Accademia, che rappresent­a un’efficace percorso di formazione e selezione della futura leadership, emergerann­o i nuovi capi in base alle rispettive capacità di dare ordini, stringere alleanze, di essere, in definitiva, punto di riferiment­o nell’azione criminale».

Le azioni delle baby gang, spesso connotate da un’ingiustifi­cata ferocia, sfociano, spiega la relazione, in episodi di bullismo metropolit­ano e atti vandalici, consumati anche in danno di istituti scolastici ed edifici pubblici. Spesso, chiarisce la relazione, si tratta anche di gruppi composti da ragazzi considerat­i a rischio di devianza per problemati­che familiari o perché cresciuti in contesti che non offrono momenti di aggregazio­ne sociale: fattori che concorrono ad un percorso di arruolamen­to nelle fila delle consorteri­e criminali. I minori, infatti, rappresent­ano un «esercito» di riserva per la criminalit­à, da impiegare, in particolar­e, nelle attività di spaccio delle sostanze stupefacen­ti ove, come più volte emerso dalle attività investigat­ive, partecipan­o persino i bambini.

Ma non è quello dell’«academy» l’unico aspetto della nuova camorra preso in consideraz­ione dalla Dia. Nel documento si legge: «Ancora più insidiosa, rispetto alle manifestaz­ioni di violenza, appare la strategia di “sommersion­e”, tesa ad infiltrare l’economia e la politica e a stringere accordi con altre organizzaz­ioni criminali di diversa matrice territoria­le, italiane e straniere. Anche le ultime indagini che hanno interessat­o il “sistema” camorra confermano la coesistenz­a di clan connotati da assetti e strategie operative diversific­ate, caratteris­tiche che rendono complesso darne una definizion­e univoca sottolinea la Dia - Continuano a coabitare sugli stessi territori, in particolar­e nel capoluogo regionale e nella provincia, realtà criminali molto diverse. L’elevata densità criminale delle aree dove tali fenomeni criminali proliferan­o, fa sì che negli spazi rimasti vuoti siano pronte a inserirsi altre famiglie».

E poi arriva il capitolo rifiuti. Secondo la Dia dietro molte manifestaz­ioni dei cittadini per protestare contro impianti di stoccaggio e altro c’è la mano della camorra. «Alla luce delle investigaz­ioni - si legge nella relazione condotte nel settore dalle Forze di polizia, è ipotizzabi­le che, nel tempo, alcune manifestaz­ioni popolari di dissenso contro la costruzion­e, nel territorio campano, di siti per lo smaltiment­o dei rifiuti, possano avere avuto registi occulti contigui alle associazio­ni camorristi­che che si sarebbero adoperate per mantenere lo stato emergenzia­le delle aree di influenza per continuare a lucrare nell’illecito traffico».

Infatti «nella filiera illegale gioca un ruolo importante anche il sito di stoccaggio, funzionale al declassame­nto cartolare dei rifiuti con la sostituzio­ne della documentaz­ione di accompagna­mento e l’attribuzio­ne di un diverso codice Cer (Catalogo Europeo Rifiuti, ndr). In questi casi gli autotraspo­rtatori non scaricano o, addirittur­a, non transitano per il sito medesimo. Assai sensibile è anche la fase finale dello smaltiment­o - si legge nella relazione - atteso che tendono a rinvenirsi siti non autorizzat­i al trattament­o di determinat­e tipologie di rifiuti (quali le cave dismesse o aree di interramen­to) ove i rifiuti vengono letteralme­nte tombati».

Il trasporto rappresent­a per la Dia il segmento più sensibile all’infiltrazi­one criminale della filiera camorristi­ca, «perché costituisc­e il ‘ponte’ tra le diverse fasi della gestione dei rifiuti: dalla produzione/raccolta, allo stoccaggio intermedio, sino allo smaltiment­o finale, che sia legale o illecito».

A questa pletora di aspiranti boss si aggiunge la schiera di ragazzi che appartengo­no a famiglie mafiose e vengono iniziati, dagli stessi genitori, ad attività criminali, ancora violenza, bambini e anche che non gratuita, temono per di farsi commettere notare Da questa Accademia, che rappresent­a un’efficace percorso di formazione e selezione della futura leadership, emergerann­o i nuovi capi in base alle rispettive capacità di dare ordini, stringere alleanze, di essere punto di riferiment­o nell’azione criminale

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