Corriere del Mezzogiorno (Campania)
BAGNOLI, IL LUNGO ADDIO A UN FUTURO MANCATO
Caro direttore,
a Bagnoli hanno il coraggio di parlare di «taglio del nastro»... È avvilente leggere che lunedì prossimo ci saranno tutti a cercare di prendersi meriti... Sigh... L’amministratore di Invitalia, il Presidente della Regione, il Sindaco, il Commissario Floro Flores. Uno dei fallimenti più indegni nella storia moderna dovrebbe vedere rappresentanti istituzionali perlomeno attenti a evitare paradossali passarelle. Si festeggia una bonifica fantasma. Tante volte annunciata. Tante volte cominciata. Tante volte interrotta... Si festeggia un’operazione che, se ci va bene, vedrà una delle aree più belle della nostra Città paralizzata per oltre 50 anni... E poi Floro Flores che annuncia trionfante: già arrivate le ruspe a Bagnoli! Dimentica che già tante volte le ruspe sono arrivate a Bagnoli e sono state strumenti di scandali per i quali nessuno ha ancora pagato... Ho messo la foto del Corteo dei Fantasmi che tanti anni fa organizzammo come
Napolipuntoacapo sul pontile di Bagnoli per tentare di denunciare quanto stava accadendo... Una delle mille, inefficaci, iniziative .... Che tristezza... Ma per favore evitateci il taglio del nastro.
Sergio Fedele Napoli
Caro Fedele,
Tagliare nastri è un’antica usanza italica che difficilmente verrà dismessa dalle nostre classi dirigenti, abbarbicate ai vecchi riti del potere. In un’epoca dove la Storia passa lungo la fibra ottica, questi signori pensano ancora d’intercettarla con l’ennesima inaugurazione. Se parliamo di Bagnoli, poi, andiamo ben oltre il paradosso e ci addentriamo nel territorio del fantasy, senza però nemmeno ricevere il conforto che una fiaba di solito arreca. Le confesso che perfino io, malgrado il mestiere me lo imporrebbe, fatico da tempo a districarmi nella selva oscura dei progetti, delle (presunte) bonifiche e delle mille partenze verso un radioso avvenire. Bagnoli è l’emblema di una città immobile, incapace di coniugare il futuro, prigioniera di una balbuzie che la costringe a ripetere le stesse parole incessantemente. Si finisce così quando una comunità rimane orfana di una voce in grado di chiedere, almeno, a che punto sia la notte in cui sta naufragando.